22 settembre 2006

Abitare l'impossibile

Alla condizione di senza patria Said ci è abituato. Nato a Jenin per errore, dice di sé. E quando si nasce per errore, la vita intera è forse destinata a essere un'erranza interminata.
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E tutto per un'inezia. Un classico, assurdo cavillo burocratico. Per un foglio scritto male. Prima il passaporto giordano scaduto, il nuovo passaporto palestinese che non arriva, la dichiarazione di identificazione del consolato palestinese che non viene accettata. Poi la convocazione in prefettura, Said si presenta col datore di lavoro, ma nel fascicolo risulta che non si è presentato, è stato cancellato, fatto sparire. E così l'archiviazione del caso, e la conseguente notifica di espulsione. "E' questo che non riesco ad accettare- dice Said. Era un problema che non dovevo avere."
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Non gli rimane che una possibilità. Chiedere l'asilo politico. E se chiedi l'asilo finisci in un CPT. Per non arrivare in ritardo all'appuntamento con la questura, quel giorno Said prende un taxi. Poi c'è l'aereo fino a Palermo. lì lo caricano su un furgone blindato nella canicola del luglio siciliano, dietro a un vetro rinforzato, seduto su un pavimento. Poi a Trapani.
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Una volta rilasciato ha avuto l'incontro con la commissione, che gli ha concesso lo status di rifugiato politico. Adesso non può più tornare il palestina. Nella sua palestina impossibile. Appartiene definitivamente, adesso, alla sua città di senza patria. La città che ha cantato nella poesia che chiude questa storia. Perché Said è un poeta, ed è un poeta che ha per maestri Adonis e Darwish.
Fare poesia è abitare l'impossibile. Said è una vita che abita l'impossibile.

FENICE, ENTRERO'?

Ho tolto tutti i miei vestiti
Per pellegrinarmi in te
Ho tolto la penna
La spada
Ho ingoiato il mare morto
Ho indossato la chitarra
Per pellegrinarmi in te
Nudo
Ma non come neonato.

Ho tolto le foglie dagli alberi di laguna dai miei piedi
Ho tolto la mia cintura di sorrisi
L'ultima vestaglia di raggi carnevaleschi
Fatta di sabbia
Ho tolto l'orologio del non-tempo
Mi sono fermato nudo e pellegrino in te
Perdonami se non ho tolto il mio anello fatto d'aria
Divento Blu
Ah se fosse la tua mano il fuoco
E la mia guancia il vento
E io divento il tuo eterno pellegrino
Tu diventi la mia fede
Rigetto il mio mare morto sulla tua fiamma
Che ci torni più Fenice di prima.


da Marco Rovelli, Lager italiani - I centri di permanenza temporanea, le storie dei clandestini reclusi senza colpa. Disperazione, solitudine, diritti violati. La sconfitta di un paese civile, BUR 2006.

nell'immagine, l'articolo 13 della Dichiarazione Universale dei diritti umani.

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