31 agosto 2006

>I nove miliardi di nomi di Dio




"Questa richiesta è un po' strana", disse il dottor Wagner atteggiandosi in modo che il suo autocontrollo apparisse credibile. "Per quanto ne sappia è la prima volta che un monastero tibetano ordina un computer. Non voglio essere indiscreto, ma non avrei mai pensato che la vostra comunità potesse aver bisogno di una macchina del genere. Posso chiedervi che cosa ne volete fare?" "Volentieri", rispose il lama aggiustandosi i lembi della sua veste di seta e posando sul tavolo il regolo che aveva usato per calcolare il cambio delle valute. "Il vostro computer Mark V, può eseguire tutte le operazioni matematiche utilizzando fino a 10 decimali. Tuttavia per il nostro lavoro ci interessano le lettere, non le cifre. Vi chiederò di modificare il circuito di output in modo da stampare parole e non colonne di numeri." "Mi sembra di non afferrare bene..." "Questo è un progetto al quale stiamo lavorando da tre secoli - da quando il monastero è stato fondato. È qualcosa che in qualche modo può essere distante dal vostro modo di pensare, per questo spero che vorrete ascoltare le mie spiegazioni senza alcun pregiudizio." "D'accordo" "È abbastanza semplice. Stiamo compilando la lista che contenga tutti i possibili nomi di Dio". "Prego?" "Abbiamo buoni motivi per credere" continuò il lama imperturbabile "che tutti questi nomi possono essere scritti con non più di nove lettere del nostro alfabeto." "E avete fatto questo per tre secoli?" "Sì, avevamo calcolato che ci sarebbero stati necessari quindicimila anni per portare a termine il nostro lavoro." "Oh!" il dottor Wagner apparve confuso "adesso comprendo perché volete noleggiare una delle nostre macchine. Ma qual è esattamente lo scopo del progetto?" Per una frazione di secondo il lama esitò e Wagner temette di averlo offeso. In ogni caso nella risposta non avvertì alcun sentimento di fastidio. "Definitela una pratica rituale, se volete, ma costituisce una parte fondamentale della nostra fede. I nomi dell'Essere Supremo - Dio, Jehova, Allah, ecc. non sono altro che etichette definite dagli uomini. C'è un problema filosofico di una certa complessità, che preferirei non discutere in questa occasione, ma abbiamo la certezza che fra tutte le possibili combinazioni di lettere si trovano i veri nomi di Dio. Attraverso sistematiche permutazioni di lettere stiamo cercando di trovarli e di scriverli tutti." "Vedo. Voi avete cominciato con AAA AAA AAA e arriverete a ZZZ ZZZ ZZZ." "Esattamente, salvo che noi adoperiamo il nostro alfabeto speciale. Vi sarà certamente facile modificare la stampante in modo che usi il nostro alfabeto. Ma un problema che vi interesserà di più sarà la messa a punto di circuiti speciali che riescano a filtrare ed eliminare le combinazioni prive di significato. Per esempio, nessuna delle lettere deve apparire più di tre volte successivamente." "Tre? Siete sicuro che non sia due." "No. Tre. Ma la spiegazione completa richiederebbe troppo tempo, anche se voi foste in grado di comprendere la nostra lingua." Wagner si affrettò a dire: "Certo, certo, continuate." "Vi sarà facile adattare il vostro computer a questo scopo. Con uno specifico programma una macchina di questo genere è in grado di permutare le lettere le une dopo le altre e stampare il risultato. Il lavoro che avrebbe richiesto quindicimila anni potrà essere portato a termine in cento giorni." Il dottor Wagner avvertiva appena i rumori attutiti che provenivano dalle sottostanti strade di Manhattan. Egli aveva la sensazione di essere in un mondo diverso, un mondo incontaminato pieno di montagne. Lassù nel mezzo di quelle remote altitudini questi monaci tibetani, generazione dopo generazione, componevano da trecento anni la loro lista di nomi privi di senso... Non c'era dunque limite alla follia umana? Ma il dottor Wagner non doveva manifestare i suoi pensieri. Il cliente ha sempre ragione... Rispose: "Non dubito che possiamo modificare il computer Mark V in modo che stampi liste di quel genere. Mi preoccupano di più l'installazione e la manutenzione. Inoltre, di questi tempi, non sarà facile inviarla nel Tibet." "Possiamo superare questa difficoltà. I componenti sono di dimensioni sufficientemente piccole per poter essere trasportati in aereo - peraltro questa è una delle ragioni per cui abbiamo scelto la vostra macchina. Spedite i pezzi in India, ci incaricheremo noi del resto." "Desiderate assumere due dei nostri ingegneri?" "Sì, per montare e controllare la macchina durante i tre mesi di durata del progetto." "Non ho dubbi che la direzione del personale possa risolvere il problema" disse Wagner scrivendo una nota sul suo taccuino. "Ma restano da risolvere due altre questioni..."' Prima che terminasse la frase, il lama tirò fuori dalla tasca un foglietto: "Questo è un documento comprovante il mio conto presso la Banca Asiatica'." "Grazie. Perfetto... Ma, se permettete, la seconda questione è così sciocca che esito a parlarne. Capita spesso che si dimentichi qualche cosa di ovvio. Che tipo di generatore di energia elettrica possedete?" "Abbiamo un generatore elettrico Diesel di 50 KW di potenza, 110 volt. È stato installato cinque anni fa e funziona bene. Ci facilita la vita, al monastero. L'abbiamo acquistato soprattutto per far girare le ruote delle preghiere." "Ah sì, certamente, avrei dovuto pensarci" fece eco il dottor Wagner.

Dal parapetto la veduta faceva venire le vertigini, ma è noto che ci si abitua a tutto. Erano passati tre mesi e George Hanley non era più impressionato dai duemila piedi di strapiombo che separavano il monastero dai campi che nella pianura sembravano formare una scacchiera. Appoggiato alle pietre corrose dal vento, l'ingegnere contemplava con occhio pigro le montagne lontane, di cui non si era dato pena di conoscere il nome. Questo, pensava George, era il progetto più matto a cui aveva preso parte. "Progetto Shangri-La", l'aveva battezzato qualche collega spiritoso. Settimana dopo settimana il computer Mark V aveva coperto migliaia di fogli di parole senza senso. Paziente e inesorabile, il computer aveva disposto le lettere dell'alfabeto in tutte le possibili combinazioni, esaurendo una serie dopo l'altra. I monaci ritagliavano certe parole appena uscite dalla stampante e le incollavano in enormi registri. Entro una settimana, con la benedizione del Cielo, essi avrebbero finito. Hanley ignorava attraverso quali calcoli misteriosi essi erano arrivati alla conclusione che non occorreva studiare raggruppamenti di dieci, venti, cento lettere. Uno dei suoi incubi ricorrenti era che i piani venissero cambiati e che il gran lama (che essi avevano soprannominato Sam Jaffe, anche se non gli somigliava molto) avesse improvvisamente deciso di complicare un po' di più I'operazione e di continuare il lavoro fino all'anno 2060. Essi sarebbero stati anche capaci di farlo. George udì la pesante porta di legno sbattere al vento mentre Chuck lo raggiunse sulla terrazza. Chuck fumava, come al solito, uno di quei sigari per i quali si era reso popolare tra i lama, i quali sembravano desiderosi di godere tutti i piccoli piaceri della vita e la maggior parte di quelli grandi. C'era una cosa che li giustificava: potevano essere pazzi, però non sembravano dei puritani. Le frequenti spedizioni al villaggio non erano disinteressate... "Ascolta, George," disse Chuck con insistenza "Mi sembra che abbiamo dei problemi." "La macchina è guasta?" Questa era la peggiore eventualità che George poteva immaginare. Questo fatto poteva ritardare il loro ritorno, e niente poteva essere così orribile. In quella situazione perfino vedere degli spot commerciali in TV poteva sembrare manna dal cielo. Almeno avevano la sensazione di avere un collegamento con casa loro. "No, niente di simile" Chuck si sedette sul parapetto. Era una cosa inusuale in quanto soffriva di vertigini. "Semplicemente, ho scoperto lo scopo dell'operazione." "Ma lo sapevamo!" "Sapevamo che cosa i monaci volevano fare, ma non sapevamo perché. Si tratta di una cosa folle." "Dimmi qualcosa di nuovo" ringhiò George. "Ascolta, George, il vecchio Sam mi ha chiarito le cose. Sai che egli ogni pomeriggio va a vedere i tabulati che escono dalla stampante. Bene, stavolta mi è sembrato particolarmente eccitato. Quando gli ho detto che eravamo all'ultimo ciclo egli mi ha chiesto nel suo simpatico accento inglese, se sapevo che cosa stavano cercando di fare. Io ho risposto: "Certo!" e lui me l'ha detto. "Vai avanti!" "Bene, loro credono che quando avranno scritto tutti i Suoi nomi - che secondo loro sono circa nove miliardi - sarà raggiunto lo scopo di Dio. La razza umana avrà realizzato il compito per cui è stata creata e non ci sarà nessun motivo perché continui a vivere. Questa idea mi sembra una bestemmia." "Allora che cosa si aspettano? Il nostro suicidio?" "Non ce n'è bisogno. Quando la lista sarà terminata, Dio interverrà e sarà finita." "Adesso capisco. Quando avremo finito sarà la fine del mondo." Chuck ebbe una risatina nervosa. "È ciò che ho detto al vecchio Sam. E sai che cosa è successo? Mi ha guardato in un modo strano, come un professore guarda un allievo particolarmente stupido, e mi ha detto: "Oh! Non sarà una cosa così insignificante." George rifletté un istante. "È un tipo che ha evidentemente idee larghe" disse "ma, detto questo, che cosa cambia? Sapevamo già che erano matti." "Sì. Ma non capisci che cosa può accadere? Quando la lista viene terminata e le trombe delI'angelo non suonano, essi possono concludere che la colpa è nostra. Dopo tutto utilizzano la nostra macchina. Questa faccenda mi piace molto poco." "Ti seguo" disse lentamente George "ma ne ho viste altre. Quando ero ragazzo, in Louisiana, un predicatore annunciò la fine del mondo per la domenica seguente. Centinaia di tipi ci credettero. Alcuni, vendettero persino le loro case. Ma quando videro che non era successo niente non si arrabbiarono come si poteva pensare. Essi pensarono che aveva fatto male i calcoli e la maggior parte non smise di credere in lui." "Nel caso che tu non l'abbia notato, ti faccio presente che non siamo in Louisiana. Siamo soli, noi due, fra centinaia di monaci. lo li adoro, ma preferirei essere altrove quando il vecchio Sam si accorgerà che l'operazione fallirà." "Sono settimane che lo desidero. Ma non possiamo fare nulla finché il contratto non scade e verranno a prelevarci per tornare a casa." "Naturalmente" disse pensosamente Chuck "potremmo tentare un piccolo sabotaggio." "Lasciamo perdere. Questo potrebbe peggiorare le cose." "Penso proprio di no. Dai un'occhiata. Lavorando ventiquattro ore al giorno, la macchina finirà le operazioni fra quattro giorni. L'aereo arriva fra una settimana. O.K. - tutto quello di cui abbiamo bisogno è trovare qualcosa che debba essere sostituito nel momento della revisione - qualcosa che sospenda il lavoro per un paio di giorni. Naturalmente metteremo tutto a posto, ma non troppo in fretta. Se calcoliamo bene il tempo, dovremmo essere all'aeroporto quando l'ultimo nome uscirà dalla macchina. A quel punto non riusciranno più a prenderci." "Non mi va" disse George "sarebbe la prima volta che diserto il lavoro. Inoltre questo tipo di comportamento li renderebbe sospettosi. Teniamoci forte e vediamo quello che succederà." Sette giorni dopo mentre i piccoli ponies di montagna scendevano per la strada a spirale, Hanley disse: "Ho un po' di rimorsi. Non scappo perché ho paura, ma perché mi dispiace. Non vorrei vedere la faccia di quelle brave persone quando la macchina si fermerà. Mi sto chiedendo come la prenderà Sam." "È buffo" rispose Chuck "ma quando lo ho salutato ha capito benissimo che noi ci mettevamo in salvo, ma la cosa per lui è indifferente perché sa che la macchina funziona in modo automatico e che il lavoro sarebbe finito presto. Dopo di che per lui non ci sarebbe stato un dopo." George si girò sulla sella e guardò indietro alla strada sulle montagne. Le costruzioni dei monasteri si stagliavano scure nel sole al tramonto. Piccole luci brillavano di quando in quando come gli oblò sul fianco di un transatlantico. Erano naturalmente delle lampade elettriche attaccate agli stessi circuiti del computer Mark V. Che cosa sarebbe capitato al computer? si interrogò George. I monaci l'avrebbero distrutta nella loro ira e nel loro disappunto? o magari si sarebbero seduti quietamente e avrebbero ricominciato da capo i loro calcoli? Sapeva esattamente che cosa accadeva in ogni momento sulla montagna, dietro la muraglia. Il gran lama e i suoi assistenti, seduti e con i loro vestiti di seta, esaminavano i fogli, mentre alcuni novizi li ritagliavano dopo averli prelevati dalla stampante e li incollavano sull'enorme registro. Nessuno parlava. Non si sentiva altro che il rumore della stampante, dal momento che il computer Mark V lavorava in perfetto silenzio mentre elaborava migliaia di calcoli al secondo. Tre mesi di quella vita, pensava George, erano sufficienti per far impazzire chiunque. "Eccolo!" urlò Chuck indicando un punto giù nella valle "ed è davvero splendido." Era davvero splendido, pensò George. Simile a una minuscola croce d'argento il vecchio aereo da trasporto DC3 si era posato laggiù sul piccolo aeroporto. In due ore li avrebbe portati via verso la libertà e la salvezza. Questo pensiero aveva lo stesso sapore di un liquore pregiato. Chuck cullò questo pensiero mentre il pony scendeva pazientemente la china. Cominciavano a scendere le tenebre sulle alte cime dell'Himalaya. Fortunatamente la strada era buona, come lo può essere una strada in quelle regioni, ed entrambi avevano delle torce. Non si profilava alcun pericolo, solo un po' di disagio a causa del freddo pungente. Il cielo sopra di loro era perfettamente chiaro ed illuminato dalle stelle amiche. Almeno non si sarebbe corso il rischio che il piloti non riuscisse ad effettuare il decollo a causa delle condizioni del tempo, pensò George. Era l'unico pensiero che lo assillava. Cominciò a cantare, ma dopo un po' si interruppe. Questa vasta arena di montagne che brillavano come dei fantasmi incappucciati non incoraggiava il suo entusiasmo. George diede un'occhiata all'orologio. "Dovremmo esserci fra un'ora" disse a Chuck che lo seguiva. Poi aggiunse: "Credi che il computer abbia finito i calcoli? Mi sembra che doveva essere verso quest'ora." Chuck non rispose, e George si girò sulla sella. Vide la faccia di Chuck pallida e rivolta verso il cielo. "Guarda" mormorò Chuck. A sua volta George alzò gli occhi verso il cielo. (C'è sempre un'ultima volta per tutte le cose). Sopra di essi, silenziosamente, le stelle, ad una ad una, si stavano spegnendo.

Arthur C. Clarke, I nove miliardi di nomi di Dio

Fragilità
































































FRAGILE Una bambina ammira una scultura di rame e fibra vegetale installata a Sidney (Torsten Blackwood/Afp)

CASTELLI DI SABBIA Tre persone lavorano a una scultura in sabbia per il festival internazionale delle sculture in sabbia a Berlino. (Tobias Schwarz/Reuters)

INVITANTE Una bagnante australiana sorpresa alla vista sulla spiaggia di Tamarama nei pressi di Sydney, di quest'opera d'arte realizzata dall'artista Jeremy Parnell per la nona edizione dell'esposizione «Sculture sul mare» (Will Burgess/Reuters)


30 agosto 2006

Sincera autocritica...

















iluminación per cui si ringrazia l'ottimo Ricardo Cucamonga
www.perravida.com

Bye Naguib Mahfouz, from all mankind

Naguib Mahfouz
Egypt
b. 1911
d. 2006

"who, through works rich in nuance - now clear-sightedly realistic, now evocatively ambiguous - has formed an Arabian narrative art that applies to all mankind"


questa la motivazione con cui nel 1988 l'Accademia di Svezia gli conferì il Premio Nobel.

qui potete leggere il Presentation Speech dell'Accademia e la sua Nobel Lecture:
http://nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/1988/

L'immagine è tratta dagli archivi di www.egypttoday.com


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da www.carta.org

Egitto. Nagib Mafouz è morto
30 agosto 2006

Si è spento al Cairo, in un ospedale, Nagib Mafouz, il più grande scrittore egiziano e uno dei più grandi scrittori arabi contemporanei. Autore di oltre trenta romanzi, aveva vinto - primo tra gli arabi - il Nobel per la letteratura nel 1988. Nel 1994 aveva subito un attacco da parte di fondamentalisti religiosi per il modo in cui i temi legati alla religione erano stati trattati in alcuni suoi libri, uno dei quali era stato bandito in Egitto. Aveva 94 anni.

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>Forza? ONU?

Ero ad Assisi anch'io sabato scorso, lo striscione campeggiava appeso al tavolo che ospitava i principali relatori dell'assemblea. Condivido, come molti che erano là, l'analisi di Sullo, la cui scrittura mi convince come sempre per equilibrio ed efficacia.

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da www.carta.org del 28/8/2006

Forza? Onu?
di Pierluigi Sullo

I bastimenti partono carichi di soldati [e di armi], il consiglio dei ministri dà il via libera alla "missione" in Libano, tutti si congratulano per il ritrovato "prestigio" del nostro paese e ad Assisi si marcia dietro uno striscione che recita "Forza Onu". Nel Libano del sud, soldati israeliani e libanesi, combattenti Hezbollah e, si presume, la povera gente bombardata per oltre un mese, aspettano l'arrivo dei caschi blu per avviare una tregua meno precaria. Beninteso, anche gli israeliani che vivono nel nord del paese aspettano la tregua, dopo le scariche di razzi degli Hezbollah. A Gaza e in Palestina nessuno aspetta niente di meglio di un "raid aereo" o un'incursione di carri armati: ministri e altre figure istituzionali palestinesi, appartenenti al partito che ha vinto le elezioni, Hamas, sono in carcere, sequestrati dallo Stato di Israele [ma i giornali dicono "arrestati"]: però D'Alema, ministro degli esteri, dice che il prossimo passo deve essere garantire tregua anche tra palestinesi e israeliani, forse con un'altra "forza" dell'Onu. In generale, si constata che il metodo Bush per fare la guerra [io la faccio, gli altri si adeguano] è stato sconfitto dall'accordo plurale, in cui ha avuto un gran ruolo l'Unione europea, che ha condotto alla spedizione in Libano.
Insomma, le cose vanno meglio, si direbbe. Ma perché non riusciamo ad essere contenti, o almeno convinti? Noi, è noto, evitiamo gli atteggiamenti "anti-imperialisti", che conducono fatalmente a schierarsi tra i contendenti in campo, per qualunque "resistenza" all'"imperialismo": Saddam contro i due Bush, Milosevic contro la Nato, Hezbollah contro Israele, ecc. Cerchiamo sempre la terza possibilità, quella che in politica [questa politica] non è contemplata: costruire la pace con la pace, ossia con la cooperazione alla pari, l'amicizia, il dialogo, quel che molti chiamano l'"interposizione non violenta", i "corpi civili di pace", ecc. A parte il dubbio fascino degli antagonisti attuali dell'"imperialismo", è noto che qualunque resistenza tende [non sempre ma quasi] a diventare simile al suo avversario: il fascino della pistola, di poter decidere della vita e della morte - come dice Eduardo Galeano in un bel documentario sull'Argentina degli anni della dittatura - produce buoni soldati che obbediscono, non buoni rivoluzionari che pensano.
I più saggi, tra i pacifisti e nonviolenti, dicono che bisogna saper apprezzare anche i piccoli passi, l'avvicinamento alla possibilità di fare la pace con la pace [quel che Paolo Cacciari lamenta sia giudicato dalla politica realista un atteggiamento "naif"]. Dunque, l'atteggiamento di D'Alema, il tipo di Risoluzione dell'Onu e le "regole d'ingaggio", il gradimento di tutte le parti in causa, l'incrinatura nell'unilateralismo statunitense, il prossimo ritiro di truppe dall'Iraq [speriamo che sia prossimo: ma l'Afghanistan?], tutto questo e altro ancora inducono a rallegrarsi. Carta ha anche aderito [per quanto non invitata] alla marcia di Assisi, con lo stesso spirito, se permettete, con cui hanno aderito i genitori e i compagni di Angelo Frammartino, o anche Pax Cristi: meglio discutere che lanciarsi anatemi.
Però. A chi è venuto in mente uno striscione così demenziale come "Forza Onu"? Intanto, l'uso della parola "forza" andrebbe bandito dalle manifestazioni pacifiste: allude a un immaginario fatto di potenza virile. E poi, l'Onu. Capiamo bene che, allo stato, altre possibilità di risolvere controversie tra Stati in modo non bellico non ce n'è. Ma l'Onu è la stessa che ha più o meno approvato a posteriori l'invasione dell'Iraq, che ha prestato la sua bandiera per le forze [appunto] della Nato che combattono in Afghanistan l'ennesima guerra in quel disgraziato paese. Di colpo l'Onu è diventata qualcos'altro? Il Consiglio di sicurezza si è democratizzato? A decidere è l'assemblea generale sulla base del principio una testa [uno Stato] un voto? E - domanda fondamentale - sono gli Stati che siedono all'Onu i legittimi rappresentanti dei popoli [l'annuale convegno di Perugia si chiama appunto l'"Onu dei popoli"]?. Perché dovremmo fare il tifo per l'Onu e non constatare, più sobriamente, che una occasionale e fortunata convergenza di interessi tra grandi potenze, forse il quasi disastro dell'offensiva israeliana in Libano, hanno prodotto, con un ritardo che è costato la vita di centinaia di persone, una tregua che sospende sì i bombardamenti, ma non risolve nessuno dei problemi di fondo, a cominciare - come dice D'Alema - da quello palestinese?
Forse tanto entusiasmo si spiega, molto banalmente, con il fatto che la Tavola della Pace è sostenuta da amministrazioni locali i cui rappresentanti politici, i partiti del centrosinistra, stanno - tutti - raccontando questa vicenda come il fatto che finalmente coincidono qualità dell'operato del governo, interesse nazionale, alleanze politico-militari e ricerca attiva della pace. Dopo i disastri del Kosovo, un enorme sospiro di sollievo, una euforia che diventa striscione. Ma l'interesse della Tavola della Pace qual è: la Tavola, o la Pace?

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29 agosto 2006

Anatomie sonore

Oggi mentre correggevo un testo di musica per il biennio ha attirato la mia attenzione la seguente frase:

Ascoltare musica riprodotta attraverso dischi o nastri magnetici significa per l'ascoltatore operare una scelta totalmente soggettiva: scelgo questo o quel disco, questo o quel nastro, li estraggo dalle loro custodie e li inserisco nell'apparato di riproduzione. (...)

Prego? Ma veramente??
Non ci avevo mai pensato. Deve essere per questo che il vinile ha lasciato il posto all'ipod.
A saperlo prima...

>Giudizi universali






















Troppo cerebrale per capire
che si può star bene senza complicare il pane,
ci si spalma sopra un bel giretto di parole vuote
ma doppiate.
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo
e quando dormo taglia bene l'aquilone,
togli la ragione e lasciami sognare,
lasciami sognare in pace...
Liberi com'eravamo ieri,
dei centimetri di libri sotto i piedi
per tirare la maniglia della porta e
andare fuori
come Mastroianni anni fa,
come la voce guida la pubblicità
ci sono stati dei momenti intensi ma li ho persi già

Troppo cerebrale per capire
che si può star bene senza calpestare il cuore,
ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi
come sulle aiuole.
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini
per scivolare meglio sopra l'odio,
Torre di controllo aiuto,
sto finendo l'aria dentro al serbatoio...

Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'e'
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma,
rimane la cera e non ci sei più...

Vuoti di memoria, non c'e' posto
per tenere insieme tutte le puntate di una storia,
piccolissimo particolare,
ti ho perduto senza cattiveria...
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo
e quando dormo taglia bene l'aquilone,
togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace...
Libero com'ero stato ieri,
ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi,
adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori...
come Mastroianni anni fa,
sono una nuvola, fra poco pioverà
e non c'e' niente che mi sposta
o vento che mi sposterà...
Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'e'
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma,
rimane la cera
e non ci sei più...
non ci sei più...


a -> Samuele Bersani, per Giudizi universali <-> Daniel Egneus, per Ritratto di Luisa su cartone -> .. grazie.

28 agosto 2006

.. che gioco idiota, vero?


















per leggere meglio cosa dicono, clicca sulla vignetta che si ingrandisce!

Sulla natura dei desideri - d'altra parte..
























illustrazione rubata al grande medusaman, che si ringrazia.
www.danielegneus.com

Sulla natura dei desideri



















Ora c'è solo una cosa al mondo che desidero: sentire la bellezza, la forza del calore del Sole sulla mia superficie, almeno una volta prima di morire...

23 agosto 2006

Grazie a te


















Ieri all'improvviso mi è tornato in mente Paolo.
Paolo era un mio amico, siamo stati molto amici per un mese.
Era entrato nella mia vita letteralmente attraverso il monitor del computer. Era rimasto colpito da un post breve e notturno che avevo lasciato sul guestbook di un sito che allora frequentavo spesso. Il mio indirizzo email era in chiaro, così lui mi aveva scritto. Lì per lì non mi ero accorta che era una mail personale, pensavo a un commento nella mailing list, poi ho guardato meglio e ho visto che quell'indirizzo sconosciuto aveva scritto proprio a me. Stavo per lasciar perdere, poi ho risposto.. Abbiamo cominciato a scambiarci racconti sulle nostre rispettive vite, idee, desideri e abitudini, poesie che ci piacevano. Paolo era una persona dolce e intelligente, frustrata dalla miseria culturale della sua città. Era molto affettuoso, e dopo un po' aveva preso l'abitudine di svegliarmi ogni mattina con un messaggio di buongiorno, pieno di buoni auguri, di sorrisi e di sole.

Poi un giorno con una poesia mi offre un fiore, e io gli dico "Se me lo porti davvero, lo prenderò volentieri quel fiore. È raro trovare qualcuno che ti offra un fiore, in questo mondo di bruti..."

"Io te lo porto. Però allora devo prima dirti una cosa. Sto morendo. Non è una cazzata da internet. Sto morendo davvero. Non ti sto prendendo in giro. È la verità, purtroppo."

Cosa dovevo fare? Non rispondere più e fuggire da quell'abisso di angoscia? Magari era un pazzo, un maniaco. Magari era un mitomane. Oppure magari era un ragazzo gentile che stava morendo. Quand'è che si comincia a smettere di essere un essere umano? Qual è il momento esatto in cui il dolore, la malattia, la morte, la galera, la dipendenza, il fallimento ti trasformano agli occhi degli altri in qualcosa di meno che un essere umano, qualcuno su cui non vale la pena investire, a cui è meglio non legarsi, che va ignorato, cancellato mentre è ancora vivo, per conservare la propria salute mentale? Meglio non conoscere, non sapere, non soffrire inutilmente..

Ci ho pensato per un giorno, poi gli ho scritto che quel fiore io lo avrei accolto volentieri comunque, se lui se la sentiva. Aveva in programma un viaggio di lavoro a Torino - le ultime cose che gli lasciavano fare per non ucciderlo prima che morisse di suo - e mi fece sapere che si sarebbe fermato a Bologna per qualche ora. Mi è venuto a prendere fuori dall'ufficio, porgendomi una rosa triste sacrificata nel solito involucro argentato comune a tutti i fiorai. Era alto, con gli occhi azzurrissimi, e ho visto quasi subito che il suo corpo era segnato dalla malattia. Non era una cazzata, era malato davvero. Senza capelli, lo sguardo stanco, e sul dorso della mano sinistra un cerotto dall'aria ospedaliera che gli copriva i tanti buchi delle flebo. Siamo andati pian piano all'orto botanico, accanto al mio ufficio di allora, e abbiamo passato l'ora della mia pausa pranzo a chiacchierare seduti sull'erba, tra gli alberi di tutto il mondo con il loro bel nome scritto sotto. Abbiamo parlato di tutto, di noi stessi, delle nostre città, degli scrittori che amavamo, delle cose belle che ci piaceva fare, in un luogo fuori dal tempo, forse perché era il tempo l'unica cosa che non avevamo per noi. Ci siamo salutati con un po' di imbarazzo (era imbarazzo?). Lui mi ha detto che il lunedì sarebbe dovuto rientrare in ospedale per un nuovo ciclo di chemio molto pesante, necessario perché la malattia aveva ripreso a peggiorare. Non so come starò, mi ha detto, non so se riusciremo a vederci sabato prossimo. Per quella settimana ci siamo scambiati qualche telefonata, stava benino, poi molti messaggi sul cellulare, poi sabato l'ho chiamato di nuovo. Ero in macchina con alcuni colleghi, di ritorno da un fine settimana di formazione fuori Bologna, non potevo stare tanto al telefono ma volevo sentirlo, sapevo che era importante. Lo trovo che respira a fatica, non riesco a parlare ora, mi dice, sto male, ti richiamo io, non voglio che mi senti così. Ti richiamo io.

Allora gli ho mandato un messaggio. "Coraggio, io ti voglio bene."
"Anch'io ti voglio bene."

Gli ho scritto altri messaggi per circa tre giorni, per fargli sentire che gli ero vicina, per cercare di dargli un po' di forza, per dirgli di tenere duro, ma non li ha mai ricevuti. Una delle sue sorelle, che aveva trovato i nostri scambi di mail nella posta elettronica, quando il dolore glielo ha permesso, verso mercoledì, si è fatta forza e da quella stessa email mi ha scritto per farmi sapere che Paolo era già morto la sera del sabato, stroncato dalla chemio. Mi ha raccontato di lui, della loro bella famiglia, dello strazio degli ultimi tempi.
Poi mi ha detto che Paolo aveva lasciato una lettera per me tra le sue cose, e che l'aveva pregata di farmela avere. Non so dov'è, ma appena la trovo te la mando, mi ha promesso. All'inizio di ottobre è arrivata. Una lettera di addio di Paolo, morto tre mesi prima..
L'aveva scritta per salutarmi, quando aveva capito che non sarebbe più riuscito a farlo di persona. Mi raccontava una delle sue ultime giornate, tra la spiaggia di Sabaudia che amava tanto e la disperazione dell'ospedale, e di un sogno premonitore, terribile, da cui aveva capito che era finita. Mi ringraziava per il tempo che gli avevo dedicato, per quel giorno all'orto botanico, e mi invitava ad andare a trovarlo sulla spiaggia di Sabaudia, dove il suo spirito sarebbe rimasto.

Non sono ancora andata a Sabaudia. Ho rimpianto a lungo di non aver preso un permesso per passare con lui tutto il pomeriggio, quell'unica volta che ci siamo visti, di avergli dedicato solo quella stupida pausa pranzo. E, soprattutto, di non aver avuto il coraggio di abbracciarlo quando ci siamo salutati.
Paolo era di Latina, aveva 32 anni e un tumore al pancreas non operabile. È morto sabato 22 giugno 2002. Siamo stati molto amici per un mese. Ieri all'improvviso mi è tornato in mente.

21 agosto 2006

Poesia d'amore per la mia gente



















Tina Modotti, Manos de trabajador, 1927


Poesia d'amore per la mia gente

non lasciate
che lampade artificiali
disegnino strane ombre
di voi
non sognate
se volete che i vostri sogni
s'avverino
sapevate cantare
anche prima che
vi venisse rilasciato un certificato di nascita
spegnete lo stereo
che questo paese vi ha dato
è fuori uso
il vostro respiro
è la vostra terrapromessa
se volete
sentirvi davvero ricchi
guardatevi le mani
è lì
che si trova
la definizione di magia


Pedro Pietri, da Scarafaggi metropolitani e altre poesie

07 agosto 2006

Quel che non ha ragione














Ah, che sarà, che sarà
che vanno sospirando nelle alcove
che vanno sussurrando in versi e strofe
che vanno combinando in fondo al buio
che gira nelle teste, nelle parole
che accende le candele nelle processioni
che va parlando forte nei portoni
e grida nei mercati che con certezza
sta nella natura nella bellezza
quel che non ha ragione
nè mai ce l'avrà
quel che non ha rimedio
nè mai ce l'avrà
quel che non ha misura.

Ah, che sarà, che sarà
che vive nell'idea di questi amanti
che cantano i poeti più deliranti
che giurano i profeti ubriacati
che sta sul cammino dei mutilati
e nella fantasia degli infelici
che sta nel dai-e-dai delle meretrici
nel piano derelitto dei banditi.

Ah, che sarà, che sarà
quel che non ha decenza
nè mai ce l'avrà
quel che non ha censura
nè mai ce l'avrà
quel che non ha ragione.

Ah che sarà, che sarà
che tutti i loro avvisi
non potranno evitare
che tutte le risate andranno a sfidare
che tutte le campane andranno a cantare
e tutti gli inni insieme a consacrare
e tutti i figli insieme a purificare
e i nostri destini ad incontrare
persino il Padreterno da così lontano
guardando quell'inferno dovrà benedire
quel che non ha governo
nè mai ce l'avrà
quel che non ha vergogna
nè mai ce l'avrà
quel che non ha giudizio

Oh que sera, Chico Buarque de Hollanda - Ivano Fossati

03 agosto 2006

Cessate il fuoco

Red Cross paramedics carry body of Lebanese man recovered from the rubble of a building destroyed by Israeli air strike, Qana, near Tyre, Lebanon © AP GraphicsBank





CS86-2006: 01/08/2006
Israele/Libano:
Amnesty International, “cessate il fuoco immediato”

Il devastante attacco di due giorni fa a Cana rende evidente la necessità di un immediato cessate il fuoco. Secondo Amnesty International, entrambe le parti coinvolte nel conflitto mostrano un profondo disprezzo per il diritto umanitario e i civili stanno pagando il prezzo dei crimini di guerra che vengono compiuti in maniera diffusa.

“Considerata la sprezzante negazione dei fondamentali principi umanitari esibita da entrambe le parti, solo un immediato, pieno ed efficace cessate il fuoco potrà proteggere i civili coinvolti nel conflitto” - ha dichiarato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International. “È davvero vergognoso che i governi che hanno influenza su Israele e su Hezbollah e che potrebbero contribuire a far cessare questa crisi, continuino a dare priorità a interessi politici e militari, piuttosto che a salvare la vita di civili innocenti”.

Amnesty International chiede alla comunità internazionale di negoziare urgentemente un cessate il fuoco immediato ed efficace e di indire una riunione delle Alte parti contraenti delle Convenzioni di Ginevra, per garantire che attacchi come quello di Cana siano sottoposti a un’indagine imparziale e indipendente e che coloro che sono sospettati di crimini di guerra siano portati di fronte alla giustizia.

I ricercatori di Amnesty International in Libano, giunti a Cana poco dopo l’attacco, hanno visto i soccorritori estrarre dalle macerie corpi privi di vita di bambini e scavare freneticamente per trovare superstiti. Un sopravvissuto, Mohamed Qasem Shalhoub, incontrato da Amnesty International all’ospedale di Tiro, che nell’attacco ha perso la moglie, la madre e cinque figli di età compresa tra 2 e 11 anni, ha dichiarato che dei 17 bambini che dormivano accanto a lui, in una stanza del seminterrato del palazzo colpito, ne è sopravvissuto solo uno. Una donna rimasta illesa, che ha perso la sorella e il fratello, ha detto che la sua famiglia si era rifugiata nel palazzo da 10 giorni e che usciva durante il giorno per lavare i panni: la loro presenza doveva essere stata notata da aerei spia dell’aviazione israeliana che sorvolavano regolarmente la zona.

“Le richieste alle parti in conflitto di rispettare le leggi di guerra e proteggere i civili sono rimaste lettera morta. Israele sta compiendo attacchi sproporzionati e mirati contro i civili e gli operatori umanitari, mentre Hezbollah continua a lanciare razzi contro i centri abitati israeliani” – ha accusato Khan.

Le autorità israeliane hanno affermato che a Cana Hezbollah ha volutamente usato i civili come “scudi umani”. Il diritto internazionale umanitario vieta espressamente il ricorso alla tattica degli “scudi umani” per impedire un attacco contro obiettivi militari. Le stesse norme precisano, tuttavia, che anche se una delle parti si ripara dietro i civili, questo abuso non “esonera le parti in conflitto dai loro obblighi legali rispetto alla popolazione civile”.

Le notizie secondo cui Israele ha preavvisato tutti i civili residenti a sud del fiume Litani, chiedendo loro di allontanarsi dall’area dimostrano quanto il concetto del “preavviso efficace” venga distorto. Una procedura del genere, che riguarda 400.000 persone, può solo seminare il panico tra la popolazione anziché favorirne l’incolumità. Molti temono che un attacco lungo la strada sia più probabile. Altri semplicemente non sono in grado di lasciare la propria terra. In diversi casi in cui Israele aveva preavvisato la popolazione di alcuni villaggi e città del Libano meridionale, la sua aviazione ha successivamente colpito le persone che cercavano di fuggire. Inoltre, gli incessanti attacchi israeliani contro ponti e strade rendono estremamente difficile per la popolazione civile del Libano meridionale fuggire a nord dopo un preavviso israeliano.

Secondo il diritto consuetudinario, lanciare intenzionalmente un attacco sproporzionato o indiscriminato, o dirigere volutamente attacchi contro la popolazione civile od obiettivi civili, costituisce un crimine di guerra.

“Il concetto di 'zona di libero fuoco' (*) è incompatibile col diritto umanitario. L’attacco di Cana è sintomatico del modo in cui il conflitto è stato condotto fino a oggi e indica o che Israele non sta prendendo le necessarie precauzioni per risparmiare vite civili o che ha lanciato intenzionalmente un attacco sproporzionato contro i civili” – ha concluso Khan.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 1 agosto 2006

(*) nella terminologia militare, si intende come una zona in cui, trascorso del tempo da un preavviso, chiunque vi si trovi viene considerato ostile e dunque un obiettivo legittimo.

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:Amnesty International Italia - Ufficio stampaTel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it


Firmate gli appelli on line indirizzati a tutti i soggetti coinvolti:

http://www.amnesty.it/appelli/appelli/israele_libano/

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Libano. La testimonianza di Medici senza frontiere
da www.msf.it

2 agosto 2006

Da Tiro, sud del Libano, dove Medici senza frontiere (Msf) ha allestito un centro sanitario e avviato attività di clinica mobile, Christopher Stokes, capo-missione di Msf, descrive la vera, tragica situazione in cui gli operatori umanitari si trovano a tentare di dare aiuto. Per la seconda volta a Tiro, raggiunta a bordo di una piccola auto con diverse scatole di farmaci, Stokes, in una comunicazione ufficiale della sua organizzazione, sottolinea tra l'altro l'inesistenza di un vero corridoio umanitario nel sud del paese.

"Per i civili che si trovano nelle zone più colpite è quasi impossibile muoversi e di conseguenza raggiungere gli ospedali. Alcune famiglie hanno lasciato le loro case, ma sono rimaste bloccate in mezzo al nulla, poiché le strade sono state distrutte. Le nostre equipe hanno incontrato famiglie che non hanno ricevuto nessuna assistenza poiché le strade sono state bombardate o poiché hanno esaurito la benzina mentre cercavano di scappare. Non possono tornare a casa, non possono cercare assistenza medica. Altri sono semplicemente troppo spaventati persino per muoversi. Nei conflitti dobbiamo negoziare, con entrambe le parti, lo spazio necessario per potere avere accesso ai civili, per costruire cliniche, per distribuire gli aiuti e aiutare la popolazione. Oggi, in Libano, è impossibile negoziare alcun tipo di accesso sicuro ai villaggi sotto le bombe. Questo è un grande ostacolo per noi, ma lo è soprattutto per i nostri colleghi libanesi. Non esiste alcuna garanzia di sicurezza per gli operatori umanitari libanesi che svolgono la maggior parte del lavoro di soccorso nel sud".

In particolare sul presunto corridoio umanitario Stokes afferma: "Da diversi giorni a questa parte, il concetto di corridoio umanitario è stato usato per mascherare la realtà: è impossibile avere un accesso sicuro ai villaggi nel sud. Il cosiddetto corridoio è una sorta di alibi poiché, nei fatti, non esiste un vero accesso per le organizzazioni umanitarie al sud. E la comunità internazionale illude sé stessa se crede che vi sia. Di fatto non vi è alcuna garanzia di sicurezza per i veicoli che viaggiano a sud. I pochi convogli delle Nazioni Unite che hanno ottenuto garanzie di sicurezza dalle autorità israeliane hanno depositato i loro carichi nei magazzini per poi scappare velocemente a Beirut. Questo significa che non abbiamo accesso alle persone che più hanno bisogno. E al tempo stesso, le persone che vogliono scappare dalle zone colpite o vogliono cercare aiuto non hanno alcuna garanzia di poterlo fare in sicurezza, contrariamente a quanto questo discorso sul corridoio umanitario potrebbe fare credere. Anche la parte più facile da realizzare del cosiddetto corridoio umanitario, da Cipro a Beirut, non funziona come dovrebbe. Msf ha circa 140 tonnellate di materiale fermo a Cipro, e solo una parte delle scorte sta giungendo a Beirut. A un certo punto, abbiamo avuto farmaci salva-vita bloccati lì per tre giorni!".

Stokes conclude: "Gli autisti dei camion si rifiutano di andare a Tiro a causa dei problemi di sicurezza. Camion sono stati colpiti dai raid aerei, così come auto civili e ambulanze. Le nostre equipe sono obbligate a usare taxi carichi di scatole e materiale medico da distribuire agli ospedali nel sud. Ma questa è lungi dal rappresentare una soluzione considerando la gran quantità di materiale che dobbiamo inviare nelle zone colpite. Speravamo di potere approfittare della sospensione di 48 ore dei raid aerei per raggiungere persone che non siamo ancora riusciti ad assistere. Tuttavia, mentre parliamo, sappiamo che gli scontri sono continuati.... Saremmo dovuti andare nella città di Beit Jbail oggi per portare scorte mediche e valutare altri bisogni. Ma poiché, una volta ancora, un ponte è stato bombardato sulla strada da Sidone, le scorte sono giunte con ore di ritardo a Tiro e abbiamo potuto portarle solamente fin dove un'ambulanza libanese ha potuto raccoglierle e trasportarle oltre. Quindi, in pratica, questa sospensione dei raid aerei non significa quasi nulla per quanto riguarda l'accesso alle persone intrappolate nel conflitto. E cosa succederà dopo il rinvio di 48 ore dei raid aerei? Torneremo alla vecchia situazione, quando era impossibile ottenere alcun tipo di accesso sicuro alla popolazione?"

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Down to you





















Everything comes and goes
Marked by lovers and styles of clothes
Things that you held high
And told yourself were true
Lost or changing as the days
come down to you
Down to you
Constant stranger
Youre a kind person
Youre a cold person too
Its down to you
It all comes down to you.

You go down to the pick up station
Craving warmth and beauty
You settle for less than fascination
A few drinks later youre not so choosy
When the closing lights strip off the shadows
On this strange new flesh youve found
Clutching the night to you like a fig leaf
You hurry
To the blackness
And the blankets
To lay down an impression
And your loneliness

In the morning there are lovers in the street
They look so high
You brush against a stranger
And you both apologize
Old friends seem indifferent
You must have brought that on
Old bonds have broken down
Love is gone
Ooh, love is gone
Written on your spirit this sad song
Love is gone

Everything comes and goes
Pleasure moves on too early
And trouble leaves too slow
Just when youre thinking
Youve finally got it made
Bad news comes knocking
At your garden gate
Knocking for you
Constant stranger
Youre a brute-youre an angel
You can crawl-you can fly too
Its down to you
It all comes down to you

Joni Mitchell, Down to you

01 agosto 2006

Scrivere il curriculum


Cos'è necessario?
E' necessario scrivere una domanda
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.

E' d'obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all'estero.
L'appartenenza a un che, ma senza perché.
Onoreficienze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.

Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l'orecchio in vista.
E' la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Wislawa Symborska, da "Gente sul ponte"