06 agosto 2008

Io tifo Josefa




Questo è il sito ufficiale della campionessa di canoa, 42enne, alla sua settima olimpiade. Settima olimpiade! Vi rendete conto? Un'atleta pazzesca!

Una ragazza tedesca che ha scelto di vivere in Italia, diventata una grande campionessa grazie alla grinta, all'amore e alle tagliatelle col ragù... ;-)

L'ho conosciuta di persona qualche mese fa e mi è piaciuta molto, per la disponibilità, l'onestà intellettuale e le idee che l'hanno ispirata come atleta e come donna. Si è impegnata nell'amministrazione a livello locale per far avere più opportunità e strumenti a chi vuole fare un po' di sport, scontrandosi contro l'ottusità e gli interessi degli altri politici. Ha lottato un sacco per affermare una nuova mentalità nello sport, che non penalizzasse le donne che vogliono avere dei bimbi. E man mano che andava avanti, sfidando federazioni, interessi commerciali e pregiudizi, ha vinto sempre di più, dimostrando che aveva ragione lei. Io tifo Josefa!! :-)




A forza di tampinarli...

Google, Yahoo! e Microsoft stendono un documento per i paesi non democratici
Verrà completato entro l'anno, quando Pechino 2008 sarà alle spalle
I giganti del web contro la censura
"Codice di condotta, dopo i Giochi"
Preoccupato il Senato americano: "Pericolo per la privacy degli inviati alle Olimpiadi"

PECHINO - Google, Yahoo! e Microsoft, leader delle ricerche su internet, passano al contrattacco. I giganti del web stanno preparando un codice volontario di condotta per "proteggere e promuovere la libertà di espressione e la privacy a livello globale" da applicarsi in quei Paesi dove vige un regime di censura. Purtroppo il documento non vedrà la luce prima di fine anno.

Il codice. L'iniziativa delle tre società, alle quali si aggiungono altre aziende più piccole ed alcuni gruppi per i diritti umani, parte dal gennaio del 2007. La sua attuale accelerazione è dovuta ad un'azione bipartisan del Senato americano. Il mese scorso il senatore democratico Richard Durbin e quello repubblicano Tom Coburn hanno scritto alle società chiedendo di finire il codice prima dell'apertura delle Olimpiadi, che inizieranno venerdì prossimo. I politici statunitensi sono preoccupati dall'idea che le grandi società della rete forniscano informazioni sui siti visitati dai giornalisti e dagli atleti giunti in Cina per i Giochi. Secondo il Wall Street Journal la risposta è arrivata oggi e nella loro lettera le società del web si dichiarano pronte a dare l'ufficialità al nuovo codice entro la fine dell'anno: i Giochi di Pechino restano quindi fuori dal codice.

I precedenti. Pochi giorni fa la censura cinese aveva fatto un passo avanti permettendo l'accesso ad alcuni siti bloccati come la versione cinese di Wikipedia e la pagina di Amnesty International. Un'apertura limitata però solo ai giornalisti. Negli anni scorsi le grandi società del web erano state pesantemente attaccate dai gruppi a tutela dei diritti umani, ed in particolare da Amnesty, per il loro supporto al regime di Pechino. Tutte le società hanno accettato di filtrare i risultati delle proprie ricerche alla luce dei diktat cinesi, con una percentuale vicina al 20% dei risultati oscurati: addirittura Yahoo! ha aiutato le autorità a rintracciare il giornalista dissidente Shi Tao, reo di aver diffuso sul web alcune direttive segrete del governo cinese.

Il mercato. Un danno di immagine notevole per alcune società come Google, che sul motto di "non essere cattivi" hanno fondato la loro fortuna. Eppure di fronte alla scelta tra il piegarsi al volere del regime o chiudere battenti, tutti i big della rete hanno preferito la prima ipotesi. Secondo gli ultimi dati in Cina adesso ci sono oltre 250 milioni di navigatori: troppi per essere esclusi dai piani di Microsoft, Yahoo! e "Big G". La speranza è che il codice di condotta in arrivo possa concedere anche agli internauti cinesi i diritti di quelli occidentali.

(da www.repubblica.it - 5 agosto 2008)

05 agosto 2008

Conosci te stesso (e magari anche il tuo gatto)

L'altro giorno in una profumeria una commessa gentile e sfinita, in vena di gesti random di generosità immotivata per rallegrare la giornata agli sconosciuti, mi ha dato in omaggio uno scicchissimo beauty case di Chanel. Uau! - penso io - Chanel! Che eleganza! Delicatamente avvolto nella carta velina, nero, con la scritta impressa in nero lucido (ton sur ton, appena visibile, perché l'eleganza vera è fatta di semplicità e discrezione, e poi sono gli accessori, i particolari che fanno la differenza, e una volta qui era tutta campagna e non c'è più la mezza stagione* e via così...). Tocco finale: la zip con targhetta in metallo lucido con il prestigioso logo. Mamma mia.

Vado a casa gongolando per questo regalo imprevisto, mentre mi attraversa un retropensiero glorioso, in cui mi figuro che a partire da questo inaspettato accessorio potrò dare una svolta alla mia immagine, che al momento si ispira, più che a Jackie Kennedy Onassis, a Venerdì di Robinson Crusoe. Il mio beauty verde oliva da due euro dell'Oviesse, in preda al panico, inizia a mandare dei curriculum.

Entrata a casa, appoggio il sacchetto di carta di Chanel, altrettanto elegante, col suo prezioso contenuto sul pavimento. E lì resta un paio di giorni. Il beauty dell'Oviesse si rilassa.

Passato qualche giorno, mi torna in mente: il nuovo beauty! Lo estraggo dalla carta velina, lo osservo compiaciuta e lo appoggio sul tavolo: devo partire per le vacanze, lo tengo qui fuori che mi serve per il viaggio.

Infine, il prevedibile epilogo: poco fa mentre preparo la valigia lo prendo in mano, e mi accorgo - prima con raccapriccio, poi con rassegnazione - che si è trasformato nella versione invernale di se stesso, ricoperto com'è di peli della mia gatta, che senza troppi scrupoli ci ha evidentemente dormito sopra negli ultimi tre giorni, approfittando del mio disordine. Avrà pensato anche lei di rifarsi l'immagine...

Fine dell'illusione. Anche se posso spazzolarlo, il nero perfetto e, vorrei dire, immacolato del nuovo beauty è irrimediabilmente compromesso.

Torno a preparare la valigia, rimuginando su concetti epocali come la conoscenza di se stessi e della propria natura, sulla vanità delle vanità, sull'illusoria ricerca della perfezione, fonte di inutili sofferenze, ed e' un attimo arrivare alla caducità delle umane cose, e d'altra parte l'omo ha da puzzà** e il lupo perde il pelo... vabbe'.

Intanto, in una dimensione parallela, al di là dello specchio, Venerdì e il Beauty dell'Oviesse si danno il cinque soddisfatti, sotto lo sguardo comprensivo di Robinson Crusoe e di Coco Chanel.


* Peraltro qui dove abito io, prima periferia con 40 gradi all'ombra, sono vere entrambe le cose.

** Idem.

Bologna: libri in lingua per detenuti stranieri

Un libro nella propria lingua… per sentirsi più liberi

"Chi ha sbagliato deve pagare, ma non per questo si può essere privati della dignità”.
Salvatore Giampiccolo chiede, da mediatore, che ai suoi ex compagni di carcere venga concessa la libertà di sopravvivere dietro le sbarre con decoro. Parla di libertà di leggere e di scrivere Salvatore, che conosce bene la vita da carcerato. “Sono cose queste che ti rendono libero anche da rinchiuso”, dice. E fa un appello per combattere la discriminazione dei detenuti stranieri.
Insieme a Roberto Morgantini del Centro Lavoratori Stranieri della CGIL di Bologna Mattia Fontanella del Comitato delle Memorie , Salvatore Giampiccolo ha dato vita alla campagna “Un libro per il carcere”. “Le biblioteche ci sono ma i testi sono solo in italiano - spiega -, ho girato quaranta carceri diversi e la situazione era la stessa”. L’iniziativa nasce per rispondere alle richieste degli stranieri della Casa circondariale “Dozza” di Bologna, ma vuole fare da precursore a una pratica da realizzare in tutta Italia. Salvatore ha scontato una pena di 25 anni e oggi, che ne ha sessanta, ha deciso di aiutare i più deboli. Collabora con gli avvocati di strada e spera di poter essere ricordato da qualcuno per avergli fatto del bene. Racconta la quotidianità dei detenuti stranieri, che gli stanno particolarmente a cuore: “In una cella di 3 metri per 2,40 ci stanno in tre, hanno la doccia, perciò non è necessario che escano neppure per lavarsi. Stanno li 21 ore su 24, tre ore sono concesse per una boccata d’aria. Ma il resto del tempo è vuoto, inutile, non passa mai. Non ci sono abbastanza lavori da assegnare a tutti e così si finisce per fare i conti con lo sconforto, la pesantezza, persino con la voglia di morire”.
“Molti sono vittime della legge Bossi-Fini - continua Salvatore - clandestini colpevoli di piccoli reati. Devono scontare due, cinque o dieci anni, ma per loro è più difficile rispetto che per molti italiani ottenere il rito alternativo e lo sconto di pena. Perché sono immigrati in un paese straniero. I più non ricevono visite. Sono condannati a un isolamento totale dalle circostanze, non da un tribunale”. Poter leggere un libro nella propria lingua sarebbe un passo verso l’esistenza civile da concedere anche se chi ha sbagliato è straniero. E se, come qualcuno dice, la lettura nobilita l’animo, è un peccato negarla a chi ne sente il bisogno.
“La civiltà, quella autentica, si trova spesso nelle cose che non si vedono. Nei luoghi remoti, oscuri del vivere: quelli del dolore, della sofferenza. Delle marginalità. Delle privazioni: come il carcere. Dove ogni giorno la parola civiltà deve essere alimentata, sostenuta, tenuta in vita, con rigore e perseveranza (quasi come un fiore), da chi vi opera e da chi è in stato di detenzione. Una parola che va rinfocolata, rivitalizzata anche dall’esterno: dall’intervento degli uomini “liberi”. Che non devono rimanere indifferenti. Come se il carcere fosse altro da loro. Distinto. Distante.
Il carcere è, nella sua drammaticità, l’altra faccia del salotto buono. Col carcere bisogna fare i conti.
Fino in fondo. Perché la civiltà o comprende tutto e tutti o non è civiltà. E un libro può rendere meno incivile, meno, inutilmente crudele questo luogo. Un libro in cui la parola civiltà lasci intravedere, seppure in lontananza, la parola libertà”. Con queste parole Roberto Morgantini e Mattia Fontanella hanno voluto lanciare la propria richiesta di donare un libro per la biblioteca della Casa Circondariale “Dozza” ad ambasciate, consolati, aziende e privati.


Chi volesse rispondere all’appello, può far pervenire i testi al:
Centro Lavoratori Stranieri CGIL in via Marconi 69/d - Bologna
tel 051.6087190. cell 3357456877. Naturalmente i libri devono essere in lingua straniera (araba, francese, inglese, spagnolo, russa, albanese, rumena, etc.).



Non conosco la fonte di questo articolo che mi ha inoltrato un amico, credo venga dal sito di Repubblica. Comunque mi sembra una bella cosa, che con poco sforzo puo' fare molta differenza.
E soprattutto condivido il passaggio in cui afferma che la civiltà o è per tutti o non è civiltà.

Amnesty International ricorda Alexander Solgenitsin

COMUNICATO STAMPA CS110-2008

Alexander Solgenitsin, deceduto domenica 3 agosto, e´ stata una delle piu´ note figure del dissenso in Unione sovietica negli anni ´60 e `70. Premio Nobel per la Letteratura nel 1970, attraverso le sue opere Solgenitsin ha denunciato le violazioni dei diritti umani nelle strutture detentive dell´Unione sovietica e ha incessantemente promosso la liberta´ d´espressione politica e religiosa.

Nel febbraio 1974, Amnesty International invio´ al governo dell´Urss una dura protesta contro l´arresto e l´espulsione di Solgenitsin, ordinati dalle autorita´ di Mosca dopo la pubblicazione all´estero delle opere dello scrittore.
`L´arresto arbitrario, la privazione della cittadinanza e l´espulsione dello scrittore Alexander Solgenitsin´ - si legge in un comunicato stampa emesso da Amnesty International il 20 febbraio 1974 - `sono atti inconciliabili con la ratifica del Patto internazionale sui diritti civili e politici e rendono ipocrite le accuse del governo sovietico agli Stati che non lo hanno ratificato´.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 5 agosto 2008
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

04 agosto 2008

Dissenso olimpico

Atleti tedeschi con le foto dei dissidenti

da http://www.repubblica.it/2008/08/olimpiadi/gallerie/tedeschi-dissidenti/tedeschi-dissidenti/1.html

Censura su internet? Nel centro stampa di Pechino non sempre è così. Infatti, anche dalla capitale cinese, è possibile vedere le foto, pubblicate sul sito e sulla rivista allegata al quotidiano tedesco 'Sueddeutsche Zeitung', di nove atleti della rappresentativa della Germania in divisa da gara e che tengono in mano, coprendosi il volto, le immagini di dissidenti cinesi. Il tutto a corredo di un articolo dal titolo "Siamo tutti cinesi", che allude al "io sono berlinese" pronunciato da John Kennedy davanti al muro di Berlino, quando ancora la Germania era divisa. Gli atleti tedeschi protagonisti di questa iniziativa sono la nuotatrice Petra Dallmann, il giocatore di pallanuoto Soeren Mackeben, la schermidrice Imke Duplitzer, la ciclista di mountain bike Sabine Spitz, le veliste Ute Hoepfner, Julia Bleck ed Ulrike Schuemann ed i due atleti del pentathlon moderno Eva Trautmann e Steffen Gebhardt.
Andate sul sito a vedere le altre foto, son belle cose... :-)
Ecco perche' aveva senso non boicottare: non per compiacenza, ma per sfruttare l'occasione.
Il problema, naturalmente, e' molto piu' complesso di cosi', pero' onore ai coraggiosi atleti, che probabilmente qualche conseguenza la pagheranno nella lora carriera per questo gesto. Varrebbe la pena di seguire come verranno trattati dopo. Sembrano stronzate, ma ci sono dei motivi precisi per cui tanti atleti non hanno avuto la forza di fare altrettanto.
E bravi crucchi! D'altra parte, se non sbaglio, il Governo tedesco e' stato l'unico a ricevere ufficialmente il Dalai Lama, senza calare le braghe diplomatiche davanti agli arroganti divieti delle autorita' cinesi.
La mia simpatia per il popolo tedesco aumenta ancora. :-)
Berlino, aspettami!

A volte ritornano

In questi due mesi di silenzio, in cui non ho avuto energia per scrivere nulla, anche se sono successe tante cose che lo meritavano, ho scoperto che qualcuno mi leggeva.
E ora, nuova energia.
:-)