25 gennaio 2006

Tu quoque, Sandra?

Questo è il proseguimento ideale del post Ithailandia, che pensavo di commentare soltanto e invece richiede un vero e proprio aggiornamento.

Dunque, in primo luogo intendo darmi delle arie per aver anticipato con quel post una battuta della Litizzetto, che da Fabio Fazio domenica scorsa immaginava Berlusconi al Grande Fratello, ma con una interessante varazione. Lei suggeriva di mandarglieli tutti, i politici, dentro la Casa del GF, sia per infestare una trasmissione sola, sia per garantire il più assoluto rispetto della par condicio: avrebbero tutti lo stesso spazio e, quando ti stufi e cambi canale, li manderesti via tutti insieme.

In realtà, quella della Litizzetto è una battuta fino a un certo punto, non siamo molto lontani dal reale: mi risulta che Prodi (immagino consigliato, e secondo me male, dal suo staff) sia andato a cantare da Fiorello, e ieri sera le Iene hanno mandato in onda una delle loro interviste doppie, che vedeva Casini vs Rutelli. Devo dire che questa idea alla fine mi pare la più sensata, era gradevole e perfettamente rispettosa della par condicio: stessi tempi e stesse domande.

Putroppo invece su Canale 5 imperversa Silvio, che in un crescendo wagneriano ieri ha proseguito la video-tournée presenziando e tenendo banco al Senso della vita, ospite di un Bonolis piuttosto pietrificato, che rideva nervosamente e gli ha riservato solo qualche punzecchiatura innocua da avanspettacolo. Non vi dico l'apoteosi. L'intervista per immagini ha dato modo al premier di sbrodolarsi addosso su qualsiasi argomento, ripetendo battute già fatte anche altrove; quando ha detto che il figlio minore, Luigi, è in una fase mistica e passa un casino di tempo a pregare, non retto e ho cambiato canale (e comunque anch'io al suo posto mi aggrapperei alla preghiera...). Avendo girato non ne ho la certezza, ma ho avuto la sensazione che l'intervista per immagini sia durata il doppio delle altre volte. Adesso quali trasmissioni mancano alla girandola elettorale del premier? Se posso scegliere io lo vorrei vedere:
1) a Stranamore, dove potrebbe fare una disperata dichiarazione di "restacummé peccarità" alla ex-moglie Veronica, con Costantino che lo fa salire sul furgone e gli regge, commosso, il microfono;
2) ai Magnifici 5 missione VIP, dove i cinque gagliardi curatori d'immagine gli rifarebbero l'attuale patetico look "milanolugano20minutidacaselloacasello" e gli potrebbero dare qualche lezione di stile di vita (se non ce la fanno loro non ce la può fare nessuno...);
3) alla Corrida, a cantare le canzoni napoletane con Apicella (cosa che fa già, ma in sedi inopportune), così finalmente il pubblico invece di dover applaudire con sussiego per una volta sarebbe autorizzato a suonare i campanacci e riempirlo di pernacchie all'accendersi del semaforo verde;
4) al Bivio, dove Enrico Ruggeri gli farebbe immaginare "cosa sarebbe successo se" quel mitico giorno non avesse allungato la prima mazzetta a un giudice e poi insieme guarderebbero turbati e commossi il video che ricostruisce la sua ipotetica vita parallela, in cui è un industriale milanese come tanti, ricco e spregiudicato, che però a un certo punto finisce in galera per truffa, corruzione, evasione fiscale e connivenze con la mafia.
Tanto vale rassegnarsi, perché è solo questione di tempo: il tempo materiale che serve a suo figlio, responsabile dei palinsesti Mediaset, per fare un giro di telefonate. Che amarezza.


Ma l'amarezza più grande me l'ha provocata la lettura della notizia che la mia adorata Sandra Mondaini si è schierata apertamente con Berlusconi - come peraltro aveva già fatto, apprendo, l'ottimo Raimondo nel 1994 all'epoca della Prima Discesa in Campo. Ho sempre stimato la Mondaini, che mi piacerebbe poter considerare una mia ispiratrice in fatto di ironia e anche per il lato agrodolce che scopriva nascondendosi dentro ai panni di Sbirulino.
Per questo mi lascia doppiamente perplessa la sua esternazione: non per il contenuto in sé, ma perché si è prestata anche lei ad essere strumento televisivo di propaganda, come l'ultima delle Ivezanicchi, e soprattutto perché le motivazioni con cui sostiene la dichiarazione di voto non sono all'altezza della sua intelligenza: apprezzo Berlusconi non "perché è onesto, è capace, condivido il suo programma", ma perché "lo conosco, è uno simpatico, gli voglio bene".

Mi pare che a questo punto non si possa negare che avere la possibilià di farsi conoscere - non solo da Sandra Mondaini ma anche dall'ultima delle massaie di Capracotta - nei propri aspetti più "umani" (ovviamente studiatissimi da superpagati consulenti, costruiti a tavolino e controllati in ogni dettaglio) attraverso l'accesso privilegiato a tutte le televisioni e a ogni possibile altro mezzo di informazione sia un vantaggio non da poco.

Ma ancora di più, al di là dell'anomalia specifica che il caso Berlusconi si porta dietro, mi viene da dire che forse il carisma è un'arma a doppio taglio, che noi cittadini dovremmo imparare a riconoscere e a temere. Il fatto che un leader sia ottimista e simpatico non ci dovrebbe dire molto sulla sua capacità di governare e di rappresentare i nostri interessi, ma casomai sull'abilità contraria di turlupinarci soggiogandoci con sorrisi dentuti e promesse a vanvera. Si scoprirà che Hitler era uno straodinario raccontatore di barzellette e di colmi? "Ci sono un tedesco, un polacco e un italiano, ah ah..."

(In questo senso, i leader della sinistra sono al di là di ogni ragionevole ombra, dal momento che chi li votasse lo farebbe tappandosi il naso, e non certo soggiogato dallo straordinario carisma. Siamo in una botte di ferro...)

Vado a letto fiaccato dallo sconforto, pensando alle doti di frontman di Fassino e a Sbirulino che vota Berlusconi, invece di essere anarchico come tutti i pagliacci. Me lo immagino al congresso tirare in aria i coriandoli presi dalla tasca gridando eccitato "E fozzza Itaaaajaa... hi hi hi hi hi!". Neanche quando ho capito che Babbo Natale era la mamma ci sono rimasta così male. Che delusione. Tu quoque, Sandra?

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da www.repubblica.it

Lo spot della Mondaini "Cavaliere, uomo da amare"

di SEBASTIANO MESSINA

L'Authority dice che la tv non deve favorire nessuno? Ma certo. L'opposizione invoca la par condicio? Ma naturalmente. Confalonieri ha promesso che Mediaset si comporterà "in modo corretto"? Ma ci mancherebbe. Poi uno accende Canale5 e trova un superspot per "l'amico Silvio". "Un uomo che bisogna conoscere per poter amare", come assicura Sandra Mondaini con il cuore in mano. Cose che capitano alle cinque della sera, lontano dai telegiornali, dai Porta a porta e dai Matrix, in trasmissioni dove tutto ti aspetteresti tranne che di veder germogliare d'un tratto un fioretto, anzi un mazzolin di fiori per "il nostro datore di lavoro", come lo chiama con rispettoso trasporto la Mondaini, ovvero "per il nostro presidente del Consiglio" come precisa con compita devozione la bella Paola Perego. Siamo a "Verissimo", trasmissione a cavallo tra la cronaca e il gossip, due milioni e mezzo di telespettatori che di solito non restano in piedi fino all'una di notte per aspettare Vespa o Mentana, e che magari non guardano neanche i telegiornali. Un target polposo di elettorato popolare, insomma. Cosa c'entra Berlusconi con la cronaca rosa o con i pettegolezzi? Nulla, si capisce. Ma a casa propria, sulle sue reti, ognuno è padrone di fare come gli pare. E non ci vuole poi tanto a montare una bella telepromozione politica, uno spottone mascherato, un consiglio per le elezioni in formato famiglia. Se poi uno è bravo, riesce pure a mascherarlo da servizio giornalistico o da duetto improvvisato, sfuggendo a ogni rilevamento, a ogni regola, a ogni misurazione.
Si fa così. Si estrapolano da un'intervista al premier "scevra di domande" (come l'ha definita lo stesso intervistatore, Paolo Bonolis) tre brani strappacore. Quelli in cui il presidente del Consiglio parla della moglie conquistata "dopo un colpo di fulmine", dei figli che "sanno fare a memoria le divisioni a più cifre e accompagnano i malati a Lourdes" e di mamma Rosa, "una donna da combattimento" che metteva in fuga i nazisti. Quelli, insomma, come spiega la conduttrice alla Mondaini, "in cui non è il politico che parla ma l'uomo: il tuo amico, Sandra". Poi, con gli occhi lucidi di ammirazione, interviene la moglie di Raimondo Vianello (indimenticato protagonista, nel 1994, di uno spot identico, quello in cui annunciava a "Pressing" che avrebbe votato per l'unico uomo politico che conosceva personalmente: Berlusconi). E lei, alla domanda sul "peggior difetto" del suo amico Silvio, risponde così: "Io ho dei punti fermi. Mio marito. I miei figli. Il professor Veronesi. E il signor Berlusconi. Siamo amici, ecco. In trent'anni che ho vissuto a Roma non ho mai voluto conoscere dei politici, perché i politici non mi piacciono. Ma ho avuto la disgrazia di conoscere un signore, di volergli bene: il mio datore di lavoro. Gentile. Divertente. Simpatico. Ottimista. Io mi sono molto affezionata a lui. E' un uomo che bisogna conoscere per poter amare. E io, essendo in un paese libero, lo dico: voglio molto bene a Berlusconi". Quale bilancia dell'Authority, quale par condicio, quale cronometro arbitrale potrà mai stabilire il valore aureo di una simile dichiarazione di ardenti affetti aziendali e di cieca fiducia politica? E quale compensazione potranno pretendere concorrenti e avversari, quando l'esempio della Mondaini sarà imitato - da qui al 9 aprile - dagli altri conduttori di Cologno Monzese, esattamente come accadde undici anni fa, quando Vianello fu seguito a ruota da Mike Bongiorno, da Iva Zanicchi, da Ambra Angiolini, da Alberto Castagna, da Patrizia Rossetti, da Gerry Scotti e da tutte le star del firmamento Mediaset? Se non stanno attenti, Rutelli e Fassino rischiano di essere ricompensati con la stessa moneta che è toccata la settimana scorsa a Romano Prodi, al quale il Tg di Italia Uno ha dato spazio solo per insinuare il dubbio che abbia barato, partecipando alla maratona di Reggio Emilia. In fondo, è la solita regola delle tv berlusconiane: quando il gioco si fa duro, i divi cominciano a giocare.

(25 gennaio 2006)

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24 gennaio 2006

>Cowboy e lacrime

Posto senza particolari commenti la recensione di un film che mi è piaciuto. Condivido in pieno le ultime righe.

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da www.internazionale.it

Cowboy e lacrime

di Liliana Cardile
23 gen 2006
Fonti: Slate, Times, Guardian

I segreti di Brokeback mountain, l'ultimo film di Ang Lee, mette in difficoltà la stampa internazionale. Per Slate è riduttivo parlare di una storia d'amore gay. Sulle colonne di Slate lo scrittore statunitense David Leavitt si chiede se I segreti di Brokeback mountain sia veramente un film gay. "Il film di Ang Lee è stato etichettato come la prima pellicola hollywoodiana su una storia d'amore omosessuale. È senza dubbio una storia d'amore, ma non si tratta di una pellicola gay. Il film è crudo nelle scene di sesso tra uomini ed esplicito nell'uso delle vecchie convenzioni da pellicola sentimentale. I protagonisti sono di una bellezza spaziale, che forse non rispecchia l'aspetto dimesso e povero dei personaggi del romanzo da cui è tratto il film". "Ma proprio quella bellezza esplosiva dei due attori serve ad Ang Lee per portare sullo schermo una vera e propria celebrazione della mascolinità e degli atteggiamenti che la contraddistinguono", continua Slate. "Brokeback mountain è un film su un amore che non trova le parole per esprimersi. Ennis e Jack sono i protagonisti di una vicenda che non sanno raccontare. Il mondo in cui vivono gli spezza la schiena, ma loro rimangono icone fisse come le montagne in cui si svolge la storia".
Il quotidiano britannico Times sottolinea che "Hollywood è stata in grado di assumersi il rischio di un film come Brokeback mountain, mentre in Gran Bretagna l'industria cinematografica continua ad accontentarsi di pellicole di serie b e fa i soldi con le fiction tv e la pubblicità. Non produce film, non cerca di sviluppare sceneggiature originali e innovative, e non si preoccupa dei festival del cinema".
Sul Guardian Gary Younge prende spunto dal film di Ang Lee per una lunga invettiva sulla discriminazione, la segregazione razziale e il collasso della società statunitense. E conclude l'articolo scrivendo:

"Brokeback mountain spiega bene come anche le relazioni più intime siano influenzate dalle convenzioni sociali. Ang Lee ha girato un film unico, in cui anche le donne del pubblico si commuovono sulla storia di due cowboy innamorati che tradiscono le loro mogli. E questo perché il film esalta la fragilità umana invece di condannarla e parla di un mondo in cui gli uomini tradiscono perché le regole non sono umane."

23 gennaio 2006

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Palinsesti imbiancati

Quasi quasi mi dispiace dedicare spazio ulteriore a queste bassezze, ma la vicenda merita un commento per altri motivi.

Riassumendo: a Domenica In due ospiti si azzuffano in diretta in modo increscioso (cioè, più increscioso del solito), la conduttrice si scusa con le creature innocenti che hanno dovuto assistere a un simile spettacolo trasmesso in fascia protetta, il direttore di rete si indigna in nome della funzione del servizio pubblico, bacchetta tutti e garantisce che i due litiganti mai più verranno invitati in tv. Infine, squalifica per una giornata lo storico contenitore domenicale (decisamente caduto in basso, se vi vedesse il povero Corrado...) che domenica prossima, per quella parte, non andrà in onda. Ben fatto, si potrebbe dire, e invece a me fa uscire il fumo dalle orecchie la disgustosa ipocrisia che impronta tutta questa vicenda (come molte altre dello stesso segno).

Ma come, tu, direttore di rete, nella trasmissione domenicale per famigliole avalli da settimane la presenza come "opinionisti" (le vigolette sono d'obbligo) di due ex concorrenti di reality, di cui uno si è guadagnato il prestigioso appellativo di Er Mutanda e viene invitato apposta per cantare "Sono un pirata e un signore" dopo aver elegantemente sciorinato l'elenco delle starlettes che avrebbe deflorato nell'arco della sua carriera di playboy (elenco oltretutto falso, perché pare pacifico per tutti che il signore in questione sia omosessuale, tant'è che gli altri ospiti gli ridacchiano praticamente in faccia facendo allusioni grossolane e le presunte deflorate hanno smesso anche di affannarsi a smentire), mente l'altro è un energumeno ormai attempato che ha fatto dell'urlo a squarciagola con faccia paonazza e vene ingrossate nel collo la sua cifra stilistica, e tu, direttore di rete, hai la spudoratezza di trasecolare perché i due, messi nella stessa stanza, si prendono a male parole rievocando gli antichi mestieri delle rispettive madri e minacciandosi di morte a vicenda, come nella peggiore rissa tra portuali?

Ma di', cosa ti aspettavi da uno che si fa chiamare Er Mutanda, una schermaglia in rima tratta dal Cyrano de Bergerac? Come si può pensare che chi stabilisce la linea editoriale e invita ripetutamente soggetti del genere non lo faccia apposta proprio per far uscire il loro peggio? Come si può credere che la cosa non sia voluta e cercata per giocare sui più bassi istinti umani e far salire gli ascolti (che sono stati, ovviamente, altissimi)?

Andiamo, almeno non prendeteci in giro. Abbiate il coraggio intellettuale di proporre direttamente le lotte nel fango tra donne nude e le scommesse sui galli, sarebbe più onesto.
Quale sarebbe lo stile editoriale di Raiuno da salvaguardare? Qual è la concezione del servizio pubblico che dovremmo evincere guardando una trasmissione in cui da anni sono ospiti solo casi umani strappalacrime, ex concorrenti di reality, maggiorate varie che rivendicano la loro libertà di donne emancipate, mariti delle maggiorate che intervengono per ribattere che però potevi dirmelo prima che facessimo i figli, bistecconi fuori forma che franano sulla conduttrice sfasciandole i legamenti crociati, giucascaselli ipnotizzatori di comprovata cialtroneria, nani, ballerine e mostri vari che neanche nel bar di Guerre Stellari (in questo facendo il degno paio con l'analogo contenitore domenicale di Canale 5)? L'ospite più sobrio e interessante che ho visto lì negli ultimi tempi è Lory del Santo: devo aggiungere altro?

In un quadro del genere è quasi insultante che, quando la situazione sfugge di mano (se davvero poi è sfuggita, e non si trattava piuttosto di una pantomima a beneficio del teledipendente), i capoccioni della Rai fingano di correre ai ripari cospargendosi il capoccione suddetto di cenere e bandendo dagli schermi i due facinorosi - trasformati all'istante in comodi caproni espiatori -, dal momento che quella trasmissione già in condizioni normali è indegna di un servizio pubblico, soprattutto perché si tratta di un format seguitissimo e a un orario di massimo ascolto, che tanta influenza ha, quindi, sul costume e sulla formazione di un "gusto" medio riguardo a ciò che ci si aspetta di vedere in tv, in generale, e nella tv pubblica, nello specifico.

Per carità, non si pretendono intellettuali e fini dicitori, essendo una trasmissione di intrattenimento, ma almeno qualche attore che sia un attore, qualche cantante che sia un cantante (e non l'ennesima parente di Al Bano), un balletto che sia un balletto (e non Galeazzi che si dimena sulle note di "Guarda come dondolo"). Chiedo troppo? Siamo così sicuri che una trasmissione in cui si esibisse per errore qualcuno che sa fare qualcosa, o che almeno non insulta le madri dei presenti, perderebbe tanti punti di share???

Ma al di là di questo, mi schifa l'ipocrisia di un sistema di informazione che ci impone ossessivamente in ogni possibile forma e occasione i modelli più beceri, elevandoli a eroi del momento e concedendo loro pressoché tutto lo spazio a disposizione sui diversi media - mentre lo stesso spazio è negato sistematicamente a personaggi e notizie ben più significativi - per poi affrettarsi a ritirare il braccio dopo aver lanciato il sasso rinnegandoli come Giuda quando la sua funzione di veicolatore di cacca intervallata da spots pubblicitari diventa un po' troppo scoperta (salvo poi riabilitarli altrettanto rapidamente appena passata l'eco, di solito breve, dello scandalo).

E' la stessa forma insopportabile di ipocrisia per cui grandi case di moda e agenzie pubblicitarie esaltano il modello della top emaciata, sfatta, scarmigliata e malvissuta che però indossa i capi più trendy con tanto stile, e poi quando il paparazzo sbatte in prima pagina la foto in cui si svela che la top in questione è davvero un soggetto borderline che vive proprio come sembra dalla sua immagine nelle réclames, "sono a pezzi, ma sono tanto cooool, scansati pivello", allora tutti i couturiers scandalizzati le stracciano i contratti in faccia, fingendo di scoprire in quel momento una cosa che sanno benissimo da sempre e di cui sono, probabilmente, corresponsabili.

In poche parole, i media fanno di tutto per imporre come desiderabili dei modelli che poi rinnegano di fronte all'opinione pubblica bollandoli come socialmente inaccettabili. E ho l'impressione che questa sia una prerogativa della nostra epoca, perché mi pare che in passato non fosse così: un tempo il modello proposto era di solito anche positivo e socialmente accettabile. Ovvero, non ci si doveva vergognare di voler essere, tanto per dire, come il Tenente Sheridan, no?
Mi chiedo quale sia l'obiettivo di questa strategia, quale tipo di schizofrenia ci vogliano indurre e perché.
E soprattutto come possiamo riconoscere questi fenomeni e respingerli, cercando per quanto possibile di proporre, non avendo il potere di imporre, modelli diversi.

In ogni caso, solidarietà al Mutanda. Se trova chi lo invita in trasmissione e lo paga per fare quelle cose, e lui se la sente di farle, fa bene ad andarci, "usa chi ti usa" si dice. Ad ognuno le sue responsabilità: a mio parere non l'intimissimo opinionista, ma piuttosto il bieco e iscariota direttore Del Noce avrebbe dovuto essere scacciato per sempre dal giardinetto dell'eden della raitivù.

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da www.repubblica.it

Domenica In, la conduttrice chiede perdono "ai bambini e alle famiglie" dopo un litigio in diretta, con minacce di morte, fra i due "opinionisti"
Rissa trash Zequila-Pappalardo. E la Venier si scusa col pubblico
Del Noce "deplora" l'episodio: "Quei due mai più su RaiUno"

ROMA - Neanche il tempo di cominciare, e la puntata di oggi di Domenica In prende subito una deriva irrimediabilmente trash. Lite in diretta fra due dei più apprezzati rappresentanti del genere, Adriano Pappalardo e Antonio Zequila: il primo "parla male" della madre del secondo e quello, davanti alle telecamere, replica "Ti uccido". Con Mara Venier costretta a scusarsi in diretta "con i bambini e le famiglie". Il direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce "deplora vivamente" l'episodio, avvenuto "in un orario protetto e tradizionalmente destinato a un pubblico familiare" e definisce deplorevole anche "che la lite sia stata lasciata degenerare e la trasmissione non sia stata interrotta: questi spettacoli sono assolutamente incompatibili con la linea editoriale di RaiUno e con i principi del servizio pubblico. Domani - continua - verrà avviata un'inchiesta interna per accertare la dinamica e le responsabilità. E' stata data comunque disposizione che sin da ora coloro che sono stati protagonisti della lite televisiva non siano più invitati nelle trasmissioni di RaiUno". Una rissa verbale incontrollata, quella che si è scatenata fra l'ex naufrago dell'Isola dei famosi, Zequila, e il cantante (ed ex naufrago anch'esso, ma dell'edizione precedente) Pappalardo. La prima frazione del contenitore domenicale, quella condotta da Mara Venier, era stata dedicata al tema "la raccomandazione", sullo spunto di alcune affermazioni fatte dallo stesso Pappalardo nella scorsa puntata del programma, quando aveva affermato che al Festival di Sanremo "tutti hanno qualche santo in Paradiso"
Ma oggi, dietro le quinte, prima di entrare in studio, all'insaputa di autori e conduttrice, i due si sono scamniati alcune battute pesanti e, a quanto pare, lo stesso Pappalardo si sarebbe rivolto a Zequila con espressioni del tipo: "Per avere successo passeresti sul corpo di tua madre". E Zequila, una volta in diretta, alla prima occasione si è rivolto con toni duri a Pappalardo: "Come ti permetti di dire certe cose? Io ti spacco la testa, ti uccido.... Non ti permettere più di parlare di mia madre...". Mara Venier non è riuscita a mantenere la calma e si è approfittato di una stacco pubblicitario per ricomporre l'atmosfera, quando Pappalardo oramai non c'era più. Poi, le scuse della conduttrice: "Purtroppo a volte accadono cose che anche per la padrona di casa sono incontrollabili. Farò il possibile - ha concluso Venier - perché non accada mai più una cosa simile, cercherò di controllare sempre in prima persona quello che accade anche dietro le quinte. Chiedo ancora scusa". Per completezza di informazione, va ricordato che già domenica 15 gennaio, nel corso del programma, c'era stato un battibecco fra i due "opinionisti": "Se vuoi cantare senza raccontare gli affari tuoi - aveva detto Pappalardo - non hai successo, io amo mia moglie da trent'anni, per avere successo dovrei trovare un'amante". Quindi, l'intervento telefonico di Laerte, figlio di Pappalardo: "Non sono stato raccomandato da mio padre per lavorare". E Zequila: "Non so che cosa tu abbia fatto nella vita, io ho fatto un sacco di cose, ho lavorato anche in teatro. Ho fatto l'Isola e mi sono messo in mutande, ma non so - ha concluso, replicando al figlio del cantante - se tuo padre potrebbe permetterselo".
(22 gennaio 2006)

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Niente Venier domenica prossima, condurranno Baudo e Giletti
Landolfi: "Una deriva che va contrastata: mai più episodi del genere"
Rissa in diretta Zequila-Pappalardo: Del Noce sospende il programma
La prima parte di "Domenica In" ha fatto il 23,69% di share
(23 gennaio 2006)

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20 gennaio 2006

Ithailandia (quando il reality supera la fantasia)

POLITICA SHOW
Premier reality:

di fronte al calo di popolarità, il primo ministro si autoproduce in un programma: 5 giorni in un villaggio, a telecamere accese 24 ore su 24


"Ma cribbio, è un'idea grandio§a!" sembra dire il nostro Premier, come si fa chiamare lui, di fronte alla trovata pubblicitaria del suo omologo orientale, il primo ministro thailandese, un miliardario proprietario di vari canali televisivi (che roba, eh?). D'altra parte, al loro posto come resistere a una tentazione del genere?

Hannibal Lecter, il Cannibal del Silenzio degli innocenti chiamato in qualità di mediatore culturale (!) per aiutare le forze del bene a dirimere un caso particolarmente spinoso, spiegava alla giovane detective come rintracciare un serial-killer di ragazze bionde e formose con queste parole: "Pensaci, Clarice: ognuno di noi desidera ciò che vede..."

Dunque, dopo essere stato giro di pochi giorni a Otto e mezzo da Ferrara (9/1), al Processo di Biscardi (9/1), a Porta a Porta da Vespa (11/1), di nuovo su Raiuno per una conferenza stampa (13/1), al telefono a Ballarò da Floris (17/1), a Unomattina (18/1), su Isoradio (18/1) e da Mimun al Tg1 - ed è in corso mentre scrivo il faccia a faccia con Rutelli a Matrix, dovrei ma non ho la forza di guardare, vorrei che da una quinta entrasse Neo, nerocchialuto e pelletrenchato, e li polverizzasse entrambi... - , il Nostro non può che vedere il naturale proseguimento della sua video-tournée in un modo solo: non c'è che da tirare la volata finale e passare direttamente dalla Casa delle Libertà alla Casa del Grande Fratello, che ha aperto i battenti proprio ieri.

Questa sì che è l'Idea Vincente, l'Idea Definitiva, la Madre di tutte idee! Se vedo giusto, mi sa che ci sta già lavorando. E non ditemi che non esiste, che non può farlo. Che cosa dovrebbe trattenerlo?
Il senso del ridicolo?







Il fair play verso gli avversari?










La consapevolezza del suo delicato ruolo?










No, signori, è evidente che niente di tutto questo potrebbe fermarlo. Date retta a me, se non è ancora entrato nella Casa del GF è solo perché, da navigato tycoon televisivo quale di fatto è rimasto, sta aspettando di vedere come va l'audience, se la Marcuzzi funziona, se i protagonisti bucano lo schermo, insomma se la nuova edizione è all'altezza della altre dal punto di vista degli ascolti.

Quando deciderà di lanciarsi, ne sono certa, il Nostro si rivelerà fin da subito il concorrente ideale, dal momento che assomma in se stesso i tre requisiti fondamentali di chi sceglie di tentare la carta del reality:
- al momento non fa un vero lavoro, ma ha grandi ambizioni;
- adora stare sotto i riflettori;
- ha la faccia come il culo.
Credetemi, non c'è storia, non ce n'è per nessuno.

E poi se ci pensate bene l'occasione è perfetta: potrebbe farsi tutta la campagna elettorale da lì, raggiungendo milioni e milioni di italiani senza sfiancarsi di comizi e - dato l'enorme indotto su cui può contare il GF (sito, magazine dedicato, puntate celebrative a Buona Domenica, approfondimenti di costume da Vespa, inserti-sfottò della Gialappa's e di Striscia, più tutti i cult di Blob e un'infinità di micro-servizi tra Verissimi, Studiaperti e Lucignoli vari) - il passaggio nell'altra Casa gli garantirebbe una moltiplicazione mediatica dell'immagine che neanche nella galleria degli specchi di un luna park.

A quel punto, per gli stessi motivi per cui nella gara dell'audience stravincono la Lecciso e Costantino anche se tutti pensano che siano antipatici e scemi, finiremo per appassionarci al suo personaggio. Riuscirà Silvio a non farsi nominare ma - scusate il gioco di parole - a farsi eleggere? Sentirà la nostalgia di Arcore? Rimpiagerà la piscina di Villa Certosa quando toccherà a lui il turno nel tugurio? Gli mancherà di non poter vedere il tg di Emilio Fede? Ce la farà a portarsi a letto la più carina della Casa (invece che Gianni Letta)? Si innamorerà? Verrà sorpreso a scoreggiare? Vincerà la sfida del (tele)voto? Claro que sì, soprattutto se si innamorerà (elettorato femminile) e verrà sorpreso a scoreggiare (elettorato maschile).

Uscirebbe giusto giusto poco dopo la metà di aprile: all'esterno troverebbe ad aspettarlo Marco Liorni, inviato a raccogliere i commenti degli amici, accanto a mamma Rosa, Previti, Dell'Utri, Bondi ed Elio Vito che lo festeggerebbero abbracciandolo forte forte, tra lanci di coriandoli argentati e lacrime di commozione... e là il gioco è fatto, una strada luminosa di successi è già spianata: dopo un dazio di mille trenini pagato ai coniugi Costanzo (gli svantaggi della popolarità...), potrà fare l'ospite-verità di Pivetti e Platinette a Bisturi (e anche in questo caso, tocca dirlo, chi meglio di lui), poi l'inviato che fa le domande birichine all'uscita del Parlamento Europeo, poi una puntata di Scherzi a Parte in cui tocca il sedere alla Regina Sofia durante la foto ufficiale tanto per vedere che faccia fa e se Juan Carlos perde la sua proverbiale bonomia e dà in escandescenze...
Infine la consacrazione di tutta una carriera: una fiction nel ruolo di Commissario (ONU).

Io al suo posto non perderei un giorno di più.


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da www.repubblica.it

Thaksin Shinawatra protagonista di uno show autoprodotto Passerà 5 giorni in un villaggio povero, telecamere 24 ore su 24.
Thailandia, il premier nel reality per riconquistare popolarità
Analisti politici e borghesia lo ridicolizzano, i contadini lo adorano

BANGKOK - Un "morto di fama" del tutto particolare, che per rilanciarsi produce il suo personale reality show e si decreta protagonista. In Thailandia il primo ministro miliardario Thaksin Shinawatra, visto che i sondaggi lo davano in calo di consensi, ha lanciato su una televisione via cavo il programma Backstage Show. Per 24 ore al giorno vengono trasmesse le immagini del soggiorno di cinque giorni del premier con dei contadini, in un villaggio molto povero del nord-est del paese. Anche in Thailandia programmi come il Grande fratello sono molto seguiti e gli analisti politici hanno accusato il premier di voler acquistare in modo scorretto consensi per il suo governo. In effetti alcune delle situazioni nello show sono spiccatamente demagogiche. Thaksin Shinawatra passerà la prima notte in una tenda nel giardino della famiglia di un tassista, assente per lavoro a Bangkok. Durante la settimana il premier ascolterà le lamentele degli abitanti di una delle zone più povere della Thailandia, ai quali esporrà le sue idee per sconfiggere la miseria. Non è la prima volta che Thaksin Shinawatra si affida alla televisione per farsi pubblicità. E' già accaduto quando, in piena crisi per l'epidemia aviaria, ha fatto riprendere un pranzo con tutto l'esecutivo, con pietanze rigorosamente a base di pollo. I media thailandesi lo hanno spesso ridicolizzato e gli analisti sostengono che la classe media urbanizzata detesta le sue apparizioni. Ma la maggior parte dei thailandesi che vivono al di fuori delle città lo adora.

(17 gennaio 2006)

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da www.repubblica.it

Idea Berlusconi: far slittare voto e par condicio
Il premier vorrebbe allungare di 15 giorni l'attività delle Camere. Se Ciampi si opponesse, potrebbe slittare il decreto che indice le elezioni (comunque fissate il 9 aprile) per avere più tempo di libera tv

Il premier dribbla la par condicio "Camere aperte 15 giorni in più"
Confermato il 9 aprile come giorno delle elezioni. La data prevista per lo scioglimento è il 29 gennaio, ma in teoria c'è tempo fino al 23 febbraio. Il governo vuol rinviare il decreto per l'indizione dei comizi, così le restrizioni tv scatterebbero più tardi.

di FRANCESCO BEIROMA - Il colpo di scena arriva all'ultima curva della legislatura. Il governo, in debito d'ossigeno, è intenzionato a prolungare di quindici giorni la vita del Parlamento, ben oltre quindi il previsto scioglimento del 29 gennaio. Un escamotage che servirebbe a soddisfare numerose esigenze - dalla conversione dei decreti legge in scadenza all'approvazione di alcune leggi rimaste in sospeso nelle commissioni - ma soprattutto consentirebbe di procrastinare di due settimane l'entrata in vigore delle norme sulla par condicio. Per raggiungere l'obiettivo, le strade che ha di fronte la maggioranza sarebbero due, entrambe sviscerate in questi giorni dagli esperti e esaminate a fondo ieri durante la riunione del Consiglio dei ministri. La prima ipotesi passa per un accordo con il Quirinale. Se la maggioranza rappresentasse a Carlo Azeglio Ciampi l'intenzione di andare ancora avanti a lavorare per qualche giorno, senza toccare la data elettorale, il capo dello Stato potrebbe anche acconsentire. La Costituzione infatti prevede che le elezioni debbano avvenire "entro settanta giorni" dallo scioglimento e le Camere, a norma di legge, possono continuare a legiferare fino a 45 giorni prima delle elezioni. Sarebbe un tempo ristretto per la campagna elettorale, ma in teoria la legge consentirebbe uno scioglimento della legislatura fino al 23 di febbraio. Oltretutto, se restasse ferma la data del 29 gennaio, secondo la nuova legge elettorale sarebbe tecnicamente un caso di scioglimento "anticipato" del Parlamento, con la conseguenza che andrebbe dimezzato il numero di firme necessario per presentare le liste. Una norma che avvantaggerebbe alcuni partiti, come la Rosa nel pugno, che militano nel centrosinistra. Si capisce perciò la convenienza della Cdl ad allungare la legislatura.
In più, prolungando la vita delle Camere di 15 giorni, il governo permetterebbe la candidatura a tutti quei sindaci e presidenti di provincia che non hanno provveduto a dimettersi per tempo dalle loro cariche. Fin qui la strada condivisa. Ma se in qualche modo il capo dello Stato non fosse d'accordo nel posticipare la chiusura di Montecitorio e palazzo Madama, a palazzo Chigi sono convinti di aver trovato comunque l'uovo di colombo. L'idea sembra sia venuta al leghista Roberto Calderoli, ma è stata condivisa da tutto il Consiglio dei ministri. Lo stesso Berlusconi, al termine del lungo giro di tavolo, l'ha definita "molto ragionevole". Se Ciampi insistesse dunque a voler sciogliere il 29 gennaio, il governo farebbe slittare di 15 giorni l'approvazione del decreto di indizione dei comizi elettorali. Un escamotage tecnico dunque, che servirebbe allo stesso fine: far scattare più avanti la tagliola della par condicio, quella che impedirebbe l'attuale dilagare del Cavaliere su tutte le reti. La regolamentazione radio televisiva entra infatti in vigore "dalla data di convocazione dei comizi elettorali". Se in teoria l'ipotesi Calderoli sembra trovare la quadratura del cerchio per il governo, in realtà difficilmente il Quirinale potrà piegarsi a un tale tipo di soluzione. Geloso custode della prassi costituzionale, Ciampi non potrà far altro che rammentare ai suoi interlocutori (ieri è stato affidato al ministro dell'Interno Pisanu il compito di preparare una "nota informativa", poi toccherà a Gianni Letta salire sul Colle a spiegarla) la storia delle quattordici legislature repubblicane. I precedenti raccontano infatti che solo una volta - fu nel 1979 e per cause di forza maggiore - il decreto di convocazione dei comizi è stato rimandato di qualche giorno. Dal 1948 ad oggi invece al decreto di scioglimento ha fatto immediatamente seguito quello di convocazione dei comizi, con un ritardo al massimo di un giorno. In genere la mattina il capo dello Stato annuncia il decreto di scioglimento e il pomeriggio il governo risponde indicendo le elezioni. Così deve andare, anche perché i cittadini hanno il diritto di conoscere la data delle elezioni nel momento in cui vengono mandati a casa i loro rappresentanti. In caso contrario, per assurdo, potrebbe accadere che il capo dello Stato sciolga le Camere e il governo si "dimentichi" di indire le elezioni non per qualche giorno ma per sei mesi. Con grave vulnus per la democrazia.
(20 gennaio 2006)

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sempre da www.repubblica.it

La maratona in tv di Berlusconi in preda a una bulimia da video

di CURZIO MALTESE

In preda a una bulimia da video ormai incontenibile, lunedì sera Berlusconi, dopo aver monologato dal dipendente Ferrara con la consueta eleganza ("Biagi e Santoro si meritavano una bella pedata nel sedere"), è corso al Processo di Biscardi. Si è presentato trafelato e ha giurato: "Mi fermo soltanto due minuti, purtroppo gli impegni...". È rimasto quasi un'ora e alla fine ha avuto anche il coraggio di dire: "Ora devo scappare". Stasera sarà a Porta a Porta, contro Bertinotti, per non perdere l'abitudine. Il fido Vespa ha obbedito all'ordine implicito di non invitare l'ospite naturale per un confronto col premier, Romano Prodi. Ha chiesto a Fassino, che gli ha indicato il capo dell'opposizione ("Non è stato Berlusconi a dire che voleva il duello con Romano?"). Poi ha chiesto a Rutelli e ha ricevuto la stessa risposta. Allora, volendo andare sul sicuro, ha telefonato a Bertinotti, il quale naturalmente si è precipitato. La maratona settimanale non è finita. Domani Berlusconi sarà da Anna La Rosa, ad Alice, e venerdì pomeriggio su Raiuno a Conferenza stampa. Non è escluso che nel frattempo s'inventi altre partecipazioni a sorpresa, come ha fatto in radio da Fiorello e da Biscardi. Potrebbe spuntare dalla De Filippi come da Giurato a Uno Mattina o alle spalle di papa Ratznger durante l'omelia; le incursioni mediatiche del premier hanno ormai la cadenza ossessiva ma imprevedibile di un Gabriele Paolini, il sedicente "profeta del condom". Non perdiamo tempo a riferire i discorsi, gli attacchi, le battute più o meno volontarie. Il repertorio dell'ultimo Berlusconi ha la freschezza di un fossile del Cretaceo. Più di che cosa dice, preoccupa "quanto" lo dice.
L'Italia sta sperimentando la campagna elettorale più scorretta della storia recente delle democrazie. Berlusconi aveva minacciato "andrò in tutte le trasmissioni" ed è il genere di promessa, forse l'unica, che è capace di mantenere. È dappertutto, a ogni ora, ogni giorno, ben deciso a usare il suo personale potere televisivo, che consiste anche nella facoltà di scegliersi i giornalisti, si fa per dire, gli ospiti e gli avversari di turno. È vero che con Diego Della Valle gli è andata molto male. Ma si è trattato di un imprevisto, nessuno poteva aspettarsi tanta sincerità da un vecchio amico, né Berlusconi né il povero Vespa, che certo troverà il modo di sdebitarsi con gli interessi. Anzi, ha già cominciato. Il potere sulle tv del premier comprende anche quello che si potrebbe definire, con un'ardita perifrasi, l'"uso criminoso" dei telegiornali. L'intercettazione di Fassino ha avuto per esempio sul Tg1 uno spazio di poco inferiore all'attacco delle Torri Gemelle. Ora, dall'ormai celebre colloquio del segretario Ds con Consorte si capivano al massimo un paio di cose. Una è che Consorte non è galantuomo e l'altro non glielo fa notare. L'altra è che Fassino viene informato a cose fatte e quindi non è dell'affare, non fa parte della "banda". Su questo fumo il Tg1 ha aperto per almeno tre giorni i notiziari sul "caso Fassino-Unipol", mentre nel mondo Sharon finiva in coma, Ali Agca usciva dal carcere e l'influenza aviaria avanzava verso l'Europa. Da qui al 9 aprile il premier replicante ci farà vedere cose che noi umani non potevamo neppure immaginare. Servirà alla sua causa? I sondaggi, quelli seri, continuano a indicare una vittoria del centrosinistra, nonostante gli effetti dell'affare Unipol. Lo stesso Berlusconi pare ammetterlo, quando annuncia che "il vantaggio degli avversari è ridotto a un punto e mezzo". L'ha detto ieri, in mezzo a tutto il resto. Ma un mese fa aveva annunciato la parità fra destra e sinistra nei sondaggi. L'obiettivo della lunga marcia mediatica è la conquista di milioni d'incerti, secondo le ricerche i più vulnerabili all'influenza della televisione. Sarà in ogni caso una campagna "contro". Contro Prodi, il centrosinistra, i "comunisti". Berlusconi è sempre stato un leader più "contro" che non propositivo, diversamente da quanto narrano gli agiografi. Fin dal messaggio della "discesa in campo", dove l'anticomunismo è preponderante rispetto al "sogno del miracolo". Ma in questa campagna elettorale è diventato l'unico tema. Fallito nel ridicolo il tentativo di magnificare i risultati economici del governo, il premier riesce a ritrovare un'identità e un baricentro politico soltanto attaccando gli avversari con il vittimismo dei violenti. Si comporta come uno che ha già perso e dall'opposizione lancia la sfida alla maggioranza in carica. In fondo è un modo di riconoscere che al centro della scena oggi ci sono Prodi e l'Unione. È l'errore di un grande comunicatore imbolsito. Perfino il centrosinistra potrebbe usarlo a proprio vantaggio, se soltanto si decidesse davvero a occupare la scena della novità e del futuro con la forza delle proposte. Per esempio con lo scatto in avanti verso il Partito Democratico "subito e ovunque", come scrive Prodi. Qui e ora e non dopo le elezioni, e non nel medio periodo come insiste a dire qualche leader dell'Unione. Keynes avrebbe risposto: "Nel medio periodo saremo tutti morti".

(11 gennaio 2006)

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19 gennaio 2006

La debolezza del più forte

Faccio una cosa che non si dovrebbe fare: vi consiglio un libro che io non ho ancora letto (perché ne ho scoperto l'esistenza solo un paio di giorni fa), ma se scorrete la breve recensione sotto capirete perché.

Chomsky Noam; Shiva Vandana; Stiglitz Joseph E.
La debolezza del più forte. Globalizzazione e diritti umani
€ 8,40 - 298 pagine
Editore Mondadori - 2004

In sintesi - Il commercio su scala planetaria, la rivoluzione del web, i satelliti, il nuovo turismo di massa fanno circolare sempre più velocemente merci, persone, idee e informazioni. In questo scenario in continuo e profondo mutamento che fine fanno i diritti umani? Se lo sono chiesto alcuni importanti intellettuali riuniti presso l'Università di Oxford per un ciclo di conferenze e dibattiti patrocinato da Amnesty lnternational. Filosofi, letterati, economisti, giuristi, attivisti politici e ambientalisti hanno discusso del rapporto tra globalizzazione e diritti umani, ognuno con un approccio differente. Il testo dei loro interventi è stato raccolto in questo volume.

Mi dà conforto vedere che i tre più accesi detrattori della globalizzazione (o meglio dei suoi aspetti deteriori) a livello mondiale sentono il bisogno di parlare anche di diritti umani, partecipano alle conferenze di Amnesty International e che da tutto questo esce anche un bel saggio nelle edizioni Mondadori (tié!).

No global o no, leggere questo libro potrà solo farci bene.
Non passa giorno in cui la cronaca non dimostri che la cosiddetta "globalizzazione", oltre a portare tanti progressi e tante cose buone e giuste, sia fonte anche di clamorose violazioni dei diritti umani. Per questo autorevoli figure, del calibro di Noam Chomsky, Vandana Shiva e Joseph Stiglitz (vedi anche il post "Abbiamo scherzato"), se ne occupano senza stancarsi: leggo sul sito di Amnesty Irlanda che Noam Chomsky ha tenuto proprio ieri sera (!) ospite del Trinity College a Dublino la sua Annual Lecture, di cui presto sarà disponibile sul sito il testo integrale, sul tema della guerra al terrore.

Cosa avrei dato per esserci, che invidia... ma presto riusciremo anche noi a invitare Noam Chomsky nella sede di Via Irma Bandiera, magari nella stessa sera in cui premieremo gli U2 a Villa Serena... il delirio di onnipotenza del Gruppo di Amnesty Bologna non ha più confini ;o)))

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da www.amnesty.ie

Noam Chomsky To Deliver Annual Amnesty Lecture

Noam Chomsky

Dublin - Wednesday 18th January 2006

Described by The New Yorker as 'one of the greatest minds of the 20th century', Noam Chomsky will give the 2006 Amnesty Lecture in the Shelbourne Hall, RDS D.4 at 7pm on January 18th, the theme of which will be 'The War on Terror'.



Press Release: Amnesty International Annual Lecture
18th January 2006
Professor Noam Chomsky - ''War on Terror''Amnesty International Annual Lecture
Shelbourne Hall RDS Dublin, 18th January 2006
Hosted by Trinity College Dublin

Professor Noam Chomsky Speaking at the Annual Amnesty International Lecture hosted by Trinity College addressed the issue of human rights abuses in the context of the war on terror. Since the end of World War II, the international community has worked to build up a system of human rights protection based on the Universal Declaration of Human Rights. That system seeks to guarantee the rule of law, freedom of expression and freedom from torture.''In the context of the 'war on terror' the international ban on torture and other cruel, inhuman and degrading treatment has been flouted and challenged by governments around the world,'' said Executive Director of Amnesty International Irish Section, Seán Love, in Dublin today.''The tragedy facing us is that one of the first victims of the 'war on terror' is that very system of human rights protection - in the name of security,'' added Love.Governments led by the United States have sought to justify and redefine the use of torture, and undermine the Geneva Conventions and the effectiveness of the International Criminal Court. ''If we tolerate the use of torture it will be almost impossible for us to hold the line on other human rights standards. We must resist this attempt to fight terror using terror and challenge the international community and the Irish government to uphold the protection of human rights as a core value'', said LoveSpeaking at the Amnesty International annual lecture at the RDS in Dublin, Professor Noam Chomsky said, ''Facts matter, even if we do not like them. Elementary moral principles and agreed standards of international law matter, even if they have consequences that we would prefer not to face.''The US government has been at the forefront in arguing that the internationally accepted legal framework no longer applies, and that people rounded up in the ''war on terror'' can be denied the protection of the Geneva Conventions. Some governments ( including China, Egypt, Malaysia, Saudi Arabia, Uzbekistan and Yemen have used the rhetoric of the ''war on terror'' to justify or intensify old patterns of repression. Other states ( including Australia, Jordan and the UK as well as countries in the Gulf region) have intensified the use of draconian laws and abusive practices.''There are ways to deal constructively with the threat of terror, though not those preferred by 'bin Laden’s indispensable ally', or those who try to avoid the real world by striking heroic poses about Islamo-fascism, or who simply claim that no proposals are made when there are quite straightforward proposals that they do not like. The constructive ways have to begin with an honest look in the mirror, never an easy task, always a necessary one,'' said Professor Chomsky.

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17 gennaio 2006

Mai innamorarsi...

Giusto ieri dicevo, non ha ancora nevicato... non di quella bella neve che dura un po', che scende fitta fitta almeno per un paio di giorni, che verso sera ti fermi al buio dietro ai vetri a controllare, per poter dire urka come vien giù, domani chissà rimaniamo bloccati, ci pensi che bello, eh eh, magari...
Quella bella neve farinosa, che rimane qualche giorno, quella che ti permette di fare il pupazzo di neve, o almeno di pensare di farlo, quella dove puoi affondare le dita e fissare con stupore il bianco candido e respirare quell'odore speciale di montagna e di aria buona...
Quando lo dicevo, i miei colleghi mi hanno tirato un paio di accidenti ridendo, ma scherzi, il traffico, le code, se domani nevica ti veniamo a cercare...
Io invece - forse perché non sono mai rimasta bloccata - alla neve associo istintivamente solo pensieri belli, e a una nevicata di due anni fa, in particolare, sono molto grata. In un febbraio per me orrendo, una nevicata eccezionale - come si dice sempre in questi casi - e l'entusiasmo di alcuni amici mi hanno regalato un pomeriggio senza pensieri, al parco di Corticella a scendere con il sacchetto del pattume sotto al sedere, pistaaaaaaa, gridando e ridendo come bambini assieme a mezza Bologna, per una volta non isterica.

"La neve, eh, la neve... ma sa poi i disagi!" dice sempre al bar o in farmacia qualche nonnetto cordiale, con lo stesso tono con cui direbbe "eh, ma le belle donne costano...".

Stamattina, quando ho guardato fuori ho pensato di avere qualche potere divinatorio (ed ero anche un po' preoccupata per via dei colleghi...), ma l'illusione è durata poco: quella di oggi era una nevina timida, arrendevole, con poca fiducia in se stessa, troppe delusioni le abbiamo dato. In fondo, quante volte abbiamo davvero fatto il pupazzo? Quante volte siamo rimasti davvero sotto al piumone a guardare fuori il cielo bianco ascoltando l'Inverno di Vivaldi? Certo, non è mica colpa nostra, ma non so se conta.

Solo un leggero tocco di bianco sporco, subito sfrangiato, uno zucchero a velo poco convinto, che si è dissolto in meno di mezz'ora. Lì per lì sono rimasta delusa, un'altra mattina merdosa come tutte le altre, poi però questa delusione si è trasformata in tenerezza. Ho visto qualcosa di terribilmente umano, di terribilmente simile a me in questa neve irrisolta, incapace di imporsi, come un'idea dimenticata, un desiderio non confessato neanche a noi stessi, un buon proposito non mantenuto, una telefonata messa giù appena l'altro risponde. Niente, così... volevo solo sentire la sua voce...

16 gennaio 2006

Paridad y rostros nuevos (Michelle e le altre)

Rostros nuevos, facce nuove... mentre noi abbiamo Fassino e D'Alema. Parliamone. Oppure no, ne abbiamo già parlato tanto e inutilmente, forse dovremmo fare altro.

La giornata di oggi però inizia all'insegna della speranza, non solo per la vittoria di Michelle Bachelet alle elezioni presidenziali in Cile, che noi pensiamo ancora come un secondo mondo fiaccato dalla dittatura, e invece sono messi meglio di noi (se volete notizie recenti sulla vita cilena, leggete il diario di viaggio di un mio conoscente ;o) che è stato là lo scorso settembre www.guidofoddis.it c'è di che restare sorpresi!).

La speranza torna a germogliare anche per la grandissima partecipazione che hanno visto le due manifestazioni di sabato scorso 14 gennaio, quella a Milano per la difesa della legge 194 - nella quale le donne hanno avuto una parte preponderante, vista la tematica - e la manifestazione gemellata di Roma, a sostegno dei PACS. Mi è dispiaciuto molto non esserci, non potevo e non mi sono quindi posta il problema di scegliere, ma credo che alla fine sarei andata a Milano a sfilare per la 194, non solo per senso di appartenza di genere ma anche perché - perdonatemi il sofisma - tornare indietro mi sembra peggio che non andare avanti. E poi le donne non le difende mai nessuno, mai. Dunque bisogna che si difendano da sole. In ogni caso mi è parso molto significativo anche il fatto che le due manifestazioni fossero gemellate, simbolicamente e fisicamente, visto che erano previsti dei collegamenti in diretta tra l'una e l'altra per dialogare insieme dai rispettivi palchi.

La speranza, dicevo. Perché se Cristina Parodi con la sua faccetta compita da TG5 dice "100.000 persone a Milano", chissà allora quante erano davvero, chissà se sotto sotto anche lei tifava: le battaglie femminili sono capaci di superare la sclerosi degli schieramenti, sempre più spesso e senza troppi imbarazzi riescono a essere trasversali, diventando motivo di unione anziché divisione. Le donne si sono mosse davvero questa volta, sono uscite dal silenzio. E allora forse c'è speranza. http://www.usciamodalsilenzio.org/

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da www.carta.org

Cile. La presidente Bachelet
16 gennaio 2006


(da Misna: http://www.misna.org/) È chiaramente dedicata alla vittoria della socialista Michelle Bachelet la prima pagina di tutti i quotidiani cileni. 'La Tercera', la più autorevole delle testate nazionali, apre la sua edizione elettronica con una grande fotografia della prima donna capo dello stato in Cile e la dichiarazione "Sarò la presidente di tutti i cileni". Il quotidiano ripercorre la storia di questa donna: figlia di un militare morto in carcere per essersi opposto alla dittatura di Augusto Pinochet, ha conosciuto con la madre la prigionia, l'esilio e poi, nel 1979, il ritorno in patria, avviando una carriera politica di grande abnegazione fino ad arrivare a laurearsi in medicina, a essere nominata ministro della Salute, poi degli Esteri, e infine candidata alla presidenza. Il principale giornale economico cileno, il 'Diario Financiero', apre la sua edizione del lunedì con il titolo: "La Bachelet vince le elezioni e annuncia un nuovo sistema di protezione sociale". La neo-presidente è ripresa nella foto d'apertura del quotidiano in compagnia delle figlie mentre festeggia sul palco della Concertazione a Santiago, applaudita da circa mezzo milione di sostenitori; il 'Diario' spiega inoltre che anche l'elettorato maschile si è "inchinato" alla candidata socialista, visto che circa il 54% degli uomini avrebbe votato per lei. A proposito del programma sociale della vincitrice del ballottaggio, il giornale finanziario ricorda l'impegno della Bachelet a creare più posti di lavoro e più borse di studio per i giovani. Secondo '24horas' il primo viaggio ufficiale della Bachelet, subito dopo l'investitura di marzo, sarà in Argentina, ospite del presidente Kirchner. Secondo la 'Tercera', la Bachelet - che ha già parlato telefonicamente con il presidente argentino Néstor Kirchner, con quello venezuelano Hugo Chávez e con il primo ministro spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero - il prossimo 22 gennaio si recherà in Bolivia con Ricardo Lagos per assistere all'investitura del neo-presidente Evo Morales, compiendo così il suo primo atto 'quasi ufficiale' all'estero.

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dal quotidiano cileno La Tercera http://www.tercera.cl/
(è in spagnolo, ma più o meno si capisce lo stesso)


LaTercera / Política
Michelle Bachelet afirmó anoche que promoverá un nuevo estilo político
Presidenta dice que gobernará "para todos los chilenos" y promete red de protección social


A las 21.32, Michelle Bachelet subió, sola, al escenario instalado a un costado del Hotel Plaza San Francisco. Luego de saludar a los miles de seguidores, la Presidenta electa leyó, a ratos con dificultad -producto de su afonía- su primer discurso, donde esbozó una serie de claves que marcarán su gobierno de cuatro años. Justo después de que terminara su mensaje, sus tres hijos -Sebastián, Francisca y Sofía- subieron hasta el estrado para acompañarla, además de varios de sus partidarios. De inmediato, comenzó a sonar el Himno Nacional el que la ex ministra cantó emocionada.
Fecha edición: 16-01-2006


Inclusión de todos los chilenos
"Será el comienzo de una nueva etapa donde haremos que los logros de este país maravilloso entren al hogar de todos los chilenos, porque quiero que mi gobierno sea recordado como el gobierno de todos y para todos".
Al igual que Ricardo Lagos en su primer discurso de 2000, Bachelet marcó ayer un contraste con la frase del ex Mandatario Salvador Allende -quien dijo en 1970 que "no seré el Presidente de todos los chilenos"- y señaló que será "Presidenta de todos". Pero fue más allá de Lagos y marcó un mayor énfasis en el tema de la inclusión de los chilenos, que, según ella, será uno de los sellos de su gestión. En 23 ocasiones Bachelet utilizó la palabra "todos", precisando que sumará a "gente de todos los colores". Reiteró las ideas de que "todos somos iguales", "el triunfo de todos", "un gobierno de todos" .
Promete "nuevo estilo" en la política nacional
"El 11 de marzo también marcará el comienzo de un nuevo estilo en la política nacional, un estilo de gobierno más dialogante y participativo. Yo fui la candidata de los ciudadanos, ahora seré la Presidenta de los ciudadanos".
Michelle Bachelet optó por volver a la "idea fuerza" de la primera vuelta, de su campaña que fue "el tema ciudadano".Este mensaje no pasó inadvertido en la dirigencia política que anoche escuchó con atención el discurso, ya que el concepto los incomoda porque suena como la intención de dejar a los partido en un segundo plano.Durante la campaña, los asesores de la ex ministra justificaron la diferenciación con el gobierno de Lagos en ese "énfasis ciudadano" que se tradujo, por ejemplo, en las críticas a la incorporación de parientes.
Agenda social
"Mi compromiso es que el 2010 habremos consolidado un sistema de protección social que dé tranquilidad a los chilenos y sus familias, la tranquilidad de saber que tendrán un trabajo digno y decente, que sus hijos puedan estudiar, que tendrán una vejez digna".
Así como uno de los ejes del gobierno de Ricardo Lagos fue el crecimiento económico del país, Bachelet destacó el "énfasis social" que tendrá su administración y, entre sus prioridades, enumeró crear una red de protección social que tendrá como prioridades la educación, salud, previsión y empleo. Este fue fue el único compromiso explícito y concreto que hizo para el término de su gobierno.
Agradecimiento a Lagos
"Comenzamos este capítulo en buen pie para enfrentar lo que viene, porque recibo un país en marcha, pujante, optimista, porque los chilenos agradecemos la gran obra de este gran Presidente, que es Ricardo Lagos".
En un claro gesto a Ricardo Lagos -quien durante la segunda vuelta asumió un rol protagónico, generando críticas en la DC-, Bachelet dedicó parte de su discurso a destacar y agradecer los logros de su administración. Y en medio de los aplausos y ovaciones en favor del Mandatario, la Presidenta electa alentó a los presentes: "¡Fuerte, para que se escuche en La Moneda!".
Saludo a adversarios
"Quiero saludar esta noche a Sebastián Piñera y a los que votaron por él, hay allí miles de anhelos de los que yo me hago cargo (...) También saludar a la gente que votó por Tomás Hirsch y Joaquín Lavín en la primera vuelta".
Ni Frei ni Lagos mencionaron a sus oponentes cuando hablaron para agradecer su triunfo. En forma inédita, Bachelet anoche saludó a Sebastián Piñera y "a todos los que votaron por él". Fue más allá y saludó también a quienes votaron por Hirsch y Lavín en la primera vuelta, mención que nuevamente provocó gritos y pifias. Pero cuando agregó "saludos a toda la gente que votó por el Juntos Podemos y estuvo con nosotros en esta jornada", sus adherentes aplaudieron.
Paridad y rostros nuevos
"Mi gobierno será un gobierno paritario, de los mejores y las mejores, será un gobierno de excelencia, de talento, de caras nuevas y experiencias, elegiré a la mejor gente, porque Chile así lo merece".
La paridad y los rostros nuevos fue uno de los mensajes centrales de la campaña de Bachelet en la primera vuelta. Tras el 11 de diciembre, varios dirigentes calificaron ambos conceptos como "un error" e instaron a la candidata a incorporar el concepto "experiencia" a la hora de hablar de su gabinete. Ayer la candidata reiteró su compromiso de tener igual cantidad de hombre y mujeres y designar rostros "nuevos" demostrando que buscará combinar lo anterior con personas "con experiencia".

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13 gennaio 2006

Macaroni (G8 all'italiana)

... m'hai provocato e io te distruggo.
(introduzione all'articolo presto on line)













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dal sito www.veritagiustizia.it
sezione: Rassegna stampa (recente)

12.01.06
secolo xix: Processo G8, il racconto di un inviato della Bbc inglese
secolo xix

«La polizia minacciava botte ai giornalisti che lavoravano»
Processo G8, il racconto di un inviato della Bbc inglese

Genova - Pastasciutta nel bel mezzo delle violenze durante il G8 genovese. Proprio nella giornata in cui la Bbc era presente al processo sull'irruzione nella scuola Diaz, un teste ha raccontato che verso la mezzanotte del 21 luglio del 2001, all'interno dell'istituto Pascoli alcuni poliziotti passando con un pentolone, avevano offerto piatti di pastasciutta. Della serie: gli italiani, i maccheroni, non se li fanno mancare mai! Neppure quando la situazione è tesissima. Il break culinario di mezzanotte, è stato offerto presso la Pascoli, la succursale che ospitava le postazioni stampa: anche lì il clima non era dei più sereni. Nel frattempo, a pochi metri, all'interno della Diaz, più o meno contemporaneamente alla maccheronata, avveniva l'irruzione delle forze dell'ordine. Un fotorepoter inglese che ieri in aula ha testimoniato la sua esperienza ha raccontato: «Ho filmato dall'alto i poliziotti che numerosi e compatti con le loro tute scure sembravano tanti scarafaggi». Il filmato nel quale si vedevano anche pestaggi, è stato proiettato in aula. L'udienza fiume di ieri, protrattasi sino alle sei del pomeriggio, è iniziata con l'interrogatorio del teste William Hayton, giornalista britannico della Bbc. Il giornalista ha spiegato attraverso l'interprete che al momento dell'irruzione si trovava nella Pascoli. Ha raccontato che rimase bloccato per oltre venti minuti e venne anche minacciato da un poliziotto di non usare il cellulare per raccontare a Londra cosa stava succedendo. «Mi dissero che mi avrebbero picchiato se continuavo a lavorare - ha spiegato - Del resto a tutti i giornalisti che si trovavano al terzo piano dell'edificio, fu impedito di lavorare: alcuni vennero colpiti alle gambe col manganello».Alla domanda del pm Enrico Zucca se la perquisizione fosse stata annunciata, il teste ha risposto: «Non c'è stato alcun preavviso da parte della polizia e la perquisizione venne fatta in modo disordinato». E' stato a questo punto che il reporter ha raccontato del pentolone con la pastasciutta offerta dai poliziotti, suscitando stupore e incredulità in aula. L'ultimo teste ascoltato è stato Samuel Buchanan, un cittadino neozelandese, fatto arrivare appositamente dal suo Paese: è atterrato a Genova ieri mattina. L'uomo che non era mai stato ascoltato dai pm, ha raccontato che si trovava al primo piano della scuola Diaz, in un'aula insieme ad altri quattro suoi amici, due dei quali australiani. «Stavamo per metterci a dormire nei sacchi a pelo - ha raccontato - quando abbiamo sentito un gran baccano provenire dal cortile. Ci siamo rivestiti in fretta e furia, abbiamo chiuso a chiave la porta e ci siamo nascosti sotto un tavolo. Poco dopo però i poliziotti hanno sfondato la porta. Io mi sono trovato tre di loro addosso: mi hanno colpito col manganello sulle braccia, sulle gambe e al capo. Anche i miei amici sono stati colpiti, si sentivano lamenti e urla che provenivano da tutte le stanze».

Elisabetta Vassallo
12/01/2006

11 gennaio 2006

Abbiamo scherzato




Quando nel 2002 Joseph Stiglitz - professore alla Columbia University e (non faccio per vantarmi) autore del testo di Macroeconomia su cui ho studiato anch'io - pubblicò il saggio La globalizzazione e i suoi oppositori, fu liquidato da molti come un vecchio bolscevico rincoglionito, vittima della vodka e della demenza senile. Peccato che il professor Stiglitz, classe 1943, non fosse poi così vecchio. Peccato che fosse stato presidente del Council of Economic Advisors dell’amministrazione Clinton dal 1995 al 1997. E dal 1997 al 2000, poi, Chief Economist e Senior Vice-President della Banca Mondiale. Peccato, infine, che nel 2001, tanto per non farsi mancare niente, avesse appena vinto il Premio Nobel per l'Economia. Può bastare?

Ma nel nostro solito allegro mondo alla rovescia, un mondo-Titanic dove le orchestrine suonano e suonano, credendo con due violini stonati di coprire il boato del transatlantico che affonda, si dà credito su tutto a tutti tranne a chi dovrebbe averlo, si chiede a un politico di parlare di barche, a un sindaco di fare il doppiatore, a un ingegnere di fare il Ministro della Giustizia, a un secessionista di fare il Ministro delle Riforme (effettivamente, chi meglio di lui...).
Allora perché dare credito a un Premio Nobel dell'Economia quando parla dei costi dell'esportazione della democrazia, perché perdere tempo a valutare la sua opinione sulla globalizzazione, quando abbiamo Orietta Berti che è tanto disponibile?

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da www.carta.org

Stiglitz: "La guerra in Iraq costerà dieci volte il previsto"
11 gennaio 2006

(Note: da http://www.misna.org/) Il costo diretto e indiretto della guerra in Iraq sarà per gli Stati uniti fino a dieci volte superiore rispetto a quello preventivato nel 2003 e in cui si parlava di una spesa non superiore ai 200 miliardi di dollari: lo sostiene uno studio elaborato dal premio Nobel per l'economia 2001, Joseph Stiglitz, e da una sua collaboratrice dell'Università di Harvard, Linda Bilmes. Secondo i nuovi conti di Stiglitz, da sempre fiero oppositore del conflitto in Iraq ma pur sempre premio Nobel per l'economia, calcolando l'aumentato prezzo del petrolio, il peso sull'erario delle pensioni che lo stato dovrà pagare a vedove e invalidi di guerra, le cure di lungo periodo da somministrare ai - per ora - circa 16.000 soldati rimasti feriti, e altro, il peso finale dello sforzo bellico che il contribuente Usa dovrà affrontare per la guerra nel periodo compreso tra il 2003 e il 2010 oscillerà tra 1.026 (nel caso più ottimistico) e 1.854 miliardi, ma potrebbe arrivare tranquillamente a 2.000 miliardi di dollari, pari a un quinto del prodotto interno lordo di un intero anno per la prima potenza economica mondiale. Nel suo calcolo, tra l'altro, il premio Nobel ha anche inserito la graduale riduzione del contingente Usa in Iraq, come recentemente annunciato dalla Casa Bianca. Il governo degli Stati uniti non ha per ora risposto al documento diffuso da Stiglitz e dalla sua collaboratrice.

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Stiglitz Joseph E.
La globalizzazione e i suoi oppositori
€ 19,00
274 pagine
anno 2002
Editore Einaudi
Collana Saggi

In sintesi - Il vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 2001, consigliere di Bill Clinton durante il primo mandato, e vicepresidente della Banca Mondiale dal 1997 al 2000 affronta il tema della globalizzazione cercando di rispondere ad alcune domande: cosa s'intende per globalizzazione? quali sono i presupposti, quali gli effetti e quali i danni? chi sostiene la globalizzazione, chi la governa e chi la contesta?


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L'immagine che apre questo post è di John Callahan, un vignettista americano molto, molto particolare...
Siete curiosi? Andate a vedere il suo sito, ne vale la pena:
www.callahanonline.com






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10 gennaio 2006

Infanzia negata (anche sull'autobus...)


Queste sono le locandine che grazie al patrocinio dell'atc... nessuno ha visto.
Il Gruppo Amnesty Bologna le aveva preparate per la Giornata Mondiale dei Diritti dell'Infanzia, 20 novembre, e dovevano apparire per 15 giorni su tutti gli autobus della città.
Tutto pronto, tutti d'accordo, e questo accordo ci è costato anche un bel po' di soldini (faticosamente raccolti con tante iniziative e investiti con fiducia in questa promozione), ma poi le 200 locandine richieste e consegnate per tempo all'atc sono state avvistate solo un paio di volte in due settimane...
Non sappiamo che cosa è successo, abbiamo mandato una lettera di richiesta di chiarimenti alla quale, per quanto ne so al momento in cui scrivo, aspettiamo ancora una risposta.
Intanto, a parziale recupero dell'impegno profuso in questa iniziativa, ve le mostro qui perché secondo me meritano. Ne approfitto per ringraziare Claudia Mincione che ne ha curato la grafica, Alessandro Simonetti e Susanna Federici che sono gli autori delle foto e gli altri del gruppo che si sono adoperati in vari
modi insieme a me per produrle. La foto della bimba è stata scattata in India, quella del bimbo in Myanmar.

Anche i bimbi e le bimbe hanno dei diritti: lo ha sancito nel 1989 la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia. Questa Convenzione si compone di 54 articoli, ma noi potevamo sceglierne solo due: quali dovevamo privilegiare? Che cosa è più importante ricordare al distratto o sonnolento passeggero di un autobus?
Siamo tutti d'accordo sul fatto che un bimbo debba crescere con i suoi genitori, ma cosa c'entriamo noi - potrebbe dire qualcuno - se un bimbo viene separato dalla sua famiglia a causa di una guerra? E soprattutto, cosa possiamo farci? L'obiezione è legittima (anche se in realtà ci sarebbe molto da dire e da fare anche su questo).
Allora abbiamo scelto di evidenziare due aspetti che invece di sicuro ci riguardano molto direttamente come cittadini europei privilegiati nonché acquirenti sempre più frenetici di beni prodotti in paesi lontani o di pacchetti turistici verso mete esotiche: il diritto dei bimbi e delle bimbe a non essere sfruttati né a scopi sessuali (articolo 34) né a scopi economici (articolo 32). Il diritto a vivere sereni, sani, potendo giocare e studiare.
Cerchiamo di tenerlo a mente la prossima volta che andiamo a comprare un paio di scarpe da ginnastica o entriamo in una agenzia di viaggi.
Questo volevamo ricordare, ai passeggeri del 27...

06 gennaio 2006

L'assedio


Come ogni fine/inizio d'anno, così come ogni settembre al rientro dalle vacanze, quando comincia una nuova stagione di buoni o comunque nuovi propositi (inizio la dieta, farò jogging tutte le mattine, ascolterò l'opera lirica, parlerò a mia suocera...), anche quest'anno la tv ci ha subissato di proposte - strabilianti nella loro demenzialità - di quelle famigerate collezioni che periodicamente infestano le edicole.

Nelle settimane che hanno preceduto il Natale, il bombardamento mediatico era tale che me le sono volute segnare.

Per la categoria dei "colleziona" (escludendo le raccolte di libri, film e fascicoli vari) ho registrato le seguenti:
- colleziona gli animaletti di vetro di Murano: nella prima uscita, il simpatico cagnolino!
mi si materializza davanti agli occhi un'adolescente incompresa e solitaria, che fa tappezzeria alle feste e si rifugia nella sua cameretta a spolverare i ninnoli sognando il suo cantante preferito... oppure una zitella sfiorita che aggiusta i soprammobili sul centrino di pizzo sopra al televisore, tutto dovrà essere perfetto quando salirà Alfredo, il farmacista, che dopo lunghi anni di una corte discreta finalmente le ha chiesto un appuntamento... minchia che tristezza...
- colleziona le terrine con i fiori: nella prima uscita, la ceramica con la spendida begonia!
per la gioia della Casalinga di Voghera e del di lei marito, molto esigente, che vuole mangiare vario e ci tiene a rientrare dal lavoro in una casa come si deve;
- colleziona le automobili italiane: nella prima uscita, la mitica Cinquecento!
io ne ho già avuta abbastanza di una FIAT modello 126 BIS, detta Il Barattolo, che mi è durata da Pasqua a Ferragosto del 1997 perché aveva il radiatore fatto con la stessa stagnola dell'omonimo cremino bigusto: da allora con le auto italiane ho chiuso per sempre;
- colleziona le auto, le moto, i camion della Parigi Dakar: nella prima uscita, la Porsche 959 che ha dominato il deserto nell'86! meste avventure da tinello, per pantofolai in cerca di un riscatto non troppo impegnativo;
- colleziona gli aerei da combattimento della Seconda Guerra Mondiale!
in generale è triste notare che tra gli Hobby Maschili (così li classifica il catalogo sul sito della De Agostini, uno tra i principali editori di queste cagate seriali assieme alla Hobby&Work) le automobili, i motori in generale e la guerra sono i temi più gettonati, come nella vita del resto;
- colleziona gli insetti di tutto il mondo!
grazie, mi tengo quelli della mia cucina... lo spot si preoccupa di precisare che si tratta di riproduzioni, come se ci fosse il dubbio che ti possano vendere dei bacherozzi veri essiccati... ehi, è un'idea grandiosa!!!

Mi spiace non aver preso nota di quelli che si sentivano a settembre, che ricordo particolarmente lisergici: dai soldatini di Napoleone alle auto dei Carabinieri, dai calici di cristallo dei Dogi veneziani fino ai minerali dallo spazio... darei oro per essere stata presente al brainstorming dello staff del marketing che ha deciso il piano editoriale!

Alcune proposte in realtà sono a uscita singola, ma non per questo meno inquietanti. Quella che mi ha turbato di più è il calendario di Padre Pio con in omaggio la statuina di Padre Pio medesimo, nientemeno. Capisci, mica un gadget qualsiasi, un portachiavi o, chennesò, un'agendina. No, PADRE PIO. Lo speaker si affanna a ricordare che la statuina è benedetta. Ma benedetta da chi?? Le tirature da edicola sono numeri altissimi, 5.000, 10.000, se no non si arriva appunto in tutte le edicole. Allora mi devo immaginare che in Vaticano c'è un Ufficio Benedizioni della dogana, nel cui immenso hangar che funge da magazzino un dinamico Padre Doganiere, passando veloce sui roller, asperge con l'Acqua Santa pallets e pallets di padripii incellofanati? Ma come si fa a speculare così sul cuore, la devozione e la pensione minima della vecchiette? Ho idea che San Padre Pio, già di suo burbero e dal carattere sanguigno, alla vista di un mercimonio così pagano e nefando sulla sua immagine da lassù avrà sparato minimo minimo un paio di bestemmioni: passi le bancarelle fuori, ma il mercato dentro al Tempio fece incazzare come una pantera anche il buon Gesù all'epoca Sua...

I più pazzeschi, però, sono i "costruisci": costruisci il veliero (un classico, direi il padre di tutti i "costruisci"), costruisci la Ferrari telecomandata, costruisci l'elicottero radiocomandato...
Ecco i più assurdi dell'ultima stagione:
- costruisci il tuo Land Rover Defender: decisamente sgradevole, perché dopo Genova io personalmente non riesco più nemmeno a guardarlo un Defender, neanche finto;
- costruisci il tuo orologio a cucù: gigantesco e con svariati carillons in dotazione, sarà un prezioso aiuto per salvare le serate di coppie stanche e annoiate, da anni ormai prive di una vita sessuale;
- costruisci il tuo robot personale: un incrocio tra C1P8 di Guerre Stellari e Alvaro Vitali, concepito - come si evince dallo spot - come un servetto birichino da usare per sollevare la gonna alla vicina maggiorata quando rientra a casa con le mani impegnate a reggere le buste della spesa, o per buttare la fialetta puzzolente in mezzo alla stanza durante il pranzo di famiglia.

Ma quello che mi ha lasciata più perplessa è il costruisci il tuo castello medioevale, "con tutti i personaggi per riprodurre un assedio", nella prima uscita il kit da lavoro e i mattoncini di vera terracotta (e l'olio bollente no?). Come se non bastasse il nostro delirio quotidiano, per rilassarci cosa c'è di meglio che ricostruire sul tavolo del salotto un piccolo assedio medioevale, forse per ricordarci che si stava meglio quando si stava peggio? Mi chiedo se la gente del mestiere pensa (e se sì, a cosa) quando propone certi prodotti: sarà anche una ricostruzione storica di taglio divulgativo, niente di grave, però l'assedio... Ma come gli viene in mente?? L'assedio, una delle condizioni umane più drammatiche e atroci... Ma qualcuno se le ricorda le parole del sindaco di Sarajevo, che tutti i telegiornali riportarono, dopo i tre anni di assedio? "Fateci morire tutti, non ce la facciamo più." Qualcuno si ricorda dell'assedio di Srebrenica, a soli dieci anni di distanza? Andate a vedere lo spettacolo di Roberta Biagiarelli, "A come Srebrenica", e vi assicuro che la sola idea di ricostruire il piccolo castello sotto assedio vi farà orrore.

In ogni caso, il mio non è un turbamento di tipo culturale, ma antropologico. Le collezioni da edicola non mi inquietano perché propongono oggetti assurdi e inutili. Mi è assolutamente chiaro il fatto che se continuano a produrle con tanta ostinazione significa che c'è gente che le compra, che queste cose piacciono, e molto anche, anzi probabilmente le prime uscite vanno a ruba. Quel che mi inquieta è proprio vedere fino a che punto noi umani siamo manipolabili e rispondiamo a un certo tipo di stimoli con risposte invariabilmente uguali, come caviette addestrate a premere sempre lo stesso pulsante col musino quando si accende la lucetta verde per far uscire il cubetto di formaggio. Ci propongono di collezionare qualcosa, anche la più idiota, e non possiamo resistere: abbiamo un bisogno atavico di raccogliere, possedere, catalogare, completare. Se ci regalano un calzino spaiato, non possiamo far a meno di completare la coppia comprando il secondo, anche se ce lo fanno pagare il triplo. Avete fatto caso alla perversione delle raccolte-punti, che creano una dipendenza più feroce del videopoker? Con quindicimila talloncini della Girella + un contributo di soli 3 euro e novanta ci "regalano" una presina che vale palesemente meno di 1 euro, ma noi la vogliamo lo stesso. Perché??

Mi piacerebbe sapere tutto di questi meccanismi: posso solo vagamente intuire i contorni e la portata di questi stessi fenomeni applicati al marketing di altri generi di prodotti e, soprattutto, alla società, al costume e alla politica. E gli scenari immaginabili non lasciano certo sereni.

Che cosa si inventeranno per il prossimo cambio di stagione? Colleziona i fazzoletti ricamati della Madama di Pompadour? Costruisci da solo la tua motosega? Acquista in edicola l'agenda-organizer di Papa Ratzinger, in regalo le ciabatte benedette? Che promesse farà Berlusconi per essere ricomprato? Un castello medioevale per tutti? Ma no, cribbio, la stampa comunista mi ha frainteso: intendevo un castello medioevale per tutti GLI SFRATTATI...

Forse i desideri (intesi come passioni dell'animo umano) e i comportamenti istintivi sono immutabili, fanno parte della nostra natura e non possono cambiare, dunque non sono destinati a evolversi nel tempo, a differenza del pensiero filosofico e della tecnologia. Allora mi perdo a fantasticare. Nel 2179, sulla stazione orbitante Star Fucker IV, l'operatore spaziale rientrerà sfinito e nervoso da una giornata estenuante (prima il simulatore di gravità guasto, poi l'ingorgo interstellare e come se non bastasse è venuto a sapere che la sua ex ha già un altro, la stronza), ok, va tutto bene, camera di depressurizzazione, poi la decontaminazione, poi finalmente in casa, via la tuta, qualcosa da mangiare (bella storia i Predigeriti Findus, come avranno fatto prima...) e poi, per rilassarsi, per staccare, il nostro Uomo del Futuro si siederà a un tavolino, indosserà occhiali schermati e guanti ignifughi e con una banale colla attaccatutto e un saldatore elettrico riprenderà la costruzione del suo ipermercato in miniatura, con i prodottini, i carrellini, le personcine, le macchinine, miniscaffali in vero acciaio e una antica pompa di benzina veramente funzionante. Nella prima uscita, la grande insegna luminosa e gli omini che si picchiano per il parcheggio. Da gennaio in edicola!!

05 gennaio 2006

Bicicrazia


Mi sorprendo a considerare con un certo stupore una cosa che, a pensarci bene, è davvero ovvia.
Sempre più spesso le proposte più semplici, ragionevoli e pacate risultano in qualche modo estreme, dunque estremiste e perciò stesso "aggressive". Pedalare per la libertà, perfino a me per qualche secondo è sembrata un'idea pazzesca, follemente eversiva...
Ma tutto sommato è una reazione comprensibile: in un mondo dove normalità sono la prevaricazione, lo sfruttamento e l'arraffo più sconsiderato, salutati - nella logica di un'efficiente evoluzione darwiniana - come naturali passaggi di una sana lotta per la sopravvivenza alla fine della quale "ne rimarrà uno solo" (il più stronzo), in una società dove l'ignoranza e il conformismo sono considerati con allegria valori positivi, la proposta di cercare di favorire la democrazia e il rispetto dell'altro non possono che suonare come una cupa aggressione al sistema.
Sarà bello il nostro mondo alla rovescia, dove i dimostranti pacifici prendono le manganellate in faccia e vengono chiamati "i violenti". Si vede che ci piace, o meglio non ci fa ancora abbastanza orrore, tanto siamo assuefatti.
Aspetto con ansia il giorno in cui al momento giusto - magari da Costanzo, chissà, o da Maravenié - un innocente dirà che il Re è nudo, e tutti insieme ci risveglieremo dal sortilegio.

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dal blog di Beppe Grillo www.beppegrillo.it
Sezione: Trasporti
1/1/2006
post di Zenone Sovilla

Uno dei risultati del pensiero unico neoliberista applicato alla società è l'esplosione del traffico motorizzato. Le conseguenze dannose di questo fenomeno si articolano su vari livelli: tra i più vistosi, il soffocamento dei centri abitati, che genera malattia e morte di esseri umani. In Italia, sconcerta l'azione politica e amministrativa flebile e schizofrenica che tende di fatto a perpetuare e potenziare il modello di mobilità che sta soffocando un Paese primatista in fatto di diffusione dell'automobile e che continua a incentivare l'uso della vettura privata e del sempre più insensato e velenoso trasporto merci su gomma. I Tir sono i nuovi magazzini (viaggianti) per le imprese: un esempio di riduzione e esternalizzazione di costi. Costi che paghiamo noi tutti in termini di danni (reversibili e non) alla salute e all'ambiente. Niente prevenzione e niente cura. Eppure si potrebbe, mediante politiche pubbliche serie che diano la priorità alla vita umana (altro che le prediche da sacrestia di politici e imprenditori falsi!). I fallimenti delle attuali politiche sono addebitabili, tra l'altro, all'ottuso ostruzionismo nei riguardi di uno strumento come la bicicletta, che nell'ambito delle scelte italiane di urbanistica e mobilità viene relegata al rango di giocattolo per il tempo libero. Eppure, come mostra una mole di dati empirici e di studi, la bicicletta può esser il mezzo di trasporto sano attorno al quale costruire una svolta radicale, per una mobilità libera e pulita. La bici, integrata ai mezzi collettivi, con le innovazioni urbanistiche e sociali derivanti da questa rifondazione, consentirebbe di ripristinare condizioni decenti nell'atmosfera e di catalizzare il benessere delle persone, svolgendo funzioni di prevenzione sanitaria. Inoltre, nell'epoca della mercificazione globale, bicicletta è sinonimo di socialità, partecipazione democratica, nonviolenza, pari dignità fra le persone.

Zenone Sovilla (autore di Bicicrazia. Pedalare per la libertà)

Zenone Sovilla 01.01.06 18:29 Rispondi al commento

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Zenone Sovilla
BICICRAZIA. Pedalare per la libertà
Nonluoghi Libere Edizioni
Isbn: 88-89099-02-X
Pagine:156
Anno:2004
Prezzo: Euro 10,00



04 gennaio 2006

>Auguri cinesi


Siamo già al 4 gennaio, è vero, ma gli auguri per l'anno nuovo vanno bene fino alla Befana. Dopo no, per cui interrompo il lungo silenzio per postare questi auguri, prima che diventino cosa vecchia.
Non ho mai tempo per scrivere, il lavoro mi azzanna alle caviglie (mi devo augurare di non lavorare nel 2006???) ed è un peccato perché il mondo corre veloce e le emozioni rapidamente sfumano...
Ecco il primo buon proposito per il 2006: riuscire a stare dietro al filo dei miei pensieri.

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dal blog di Federico Rampini dalla Cina

su www.repubblica.it

domenica, 1 gennaio 2006

Auguri cinesi per il 2006

"Per il 2006 ci auguriamo che non ci siano più tanti minatori costretti a morire sotto terra e che le loro famiglie non siano più angosciate quando essi vanno al lavoro. Ci auguriamo che ogni condanna a morte sia riesaminata con rigore dai giudici più esperti, che si possa escludere ogni possibile dubbio sulla colpevolezza, anche se questo può comportare ritardi e costi aggiuntivi per il sistema giudiziario. Ci auguriamo che ogni lavoratore immigrato dalle campagne riceva il salario che gli è dovuto dopo un anno di duro lavoro, e se non viene pagato, che egli possa rivolgersi a qualcuno per ottenere ragione. Ci auguriamo che i diritti dei contadini sulle terre possano essere più protetti, che gli espropri da parte del governo siano trasparenti, e che i contadini ricevano indennizzi equi. Ci auguriamo che i salari dei lavoratori riescano a tenere dietro alla crescita e all'inflazione. Per questa ragione ci auguriamo che siano rispettati i diritti dei lavoratori, incluso il diritto di iscriversi a un sindacato in modo da poter negoziare con i padroni in una posizione meno debole. Ci auguriamo che la spesa pubblica garantisca ad ogni bambino i nove anni della scuola dell'obbligo gratuita, e che egli non sia costretto ad abbandonare l'istruzione elementare solo perché la sua famiglia è troppo povera. Ci auguriamo che il concetto di "popolazione immigrata" per i lavoratori venuti dalle campagne possa diventare un ricordo del passato; che le centinaia di milioni di nuovi abitanti che affluiscono nelle nostre città possano avere un Welfare e un'assistenza sociale. Ci auguriamo che nessun malato venga escluso dagli ospedali solo perché non ha i soldi per pagarsi le cure, e che il costo della sanità non superi i mezzi della gente comune. Ci auguriamo che le autorità locali amministrino le città secondo principi di umanità e che i mendicanti non vengano espulsi arbitrariamente solo perché danneggiano l'immagine delle municipalità. Ci auguriamo che quando l'ambiente soffre per un grave inquinamento, oppure accade un'epidemia pericolosa, i cittadini possano ottenere informazioni adeguate e tempestive, e che il governo assicuri indennità eque per i danni subiti. Ci auguriamo che un maggior numero di governanti riconoscano le loro responsabilità morali e ne assumano le conseguenze quando commettono seri errori e accadono dei disastri sotto la loro supervisione. Abbiamo ancora molti altri auguri. Soprattutto, ci auguriamo che nella nostra società ogni essere umano senza distinzioni abbia dei diritti costituzionali e legali rispettati".

Questo messaggio di auguri è apparso sul settimanale Notizie della Cina, pubblicato dall'agenzia ufficiale di stampa Xinhua.

Federico Rampini
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