23 maggio 2007

Come dici? Non ti sento!

Stasera era una di quelle sere in cui non riuscivo a farmi capire da nessuno. E' così frustrante quando succede... mi abbacchio sempre molto ma poi mi ripiglio e penso "dipenderà anche da me", perché i rapporti si fanno in due (it takes two to dance, dicono gli inglesi). Mi riabbacchio per un istante, poi mi riripiglio e mi dico "ma allora forse posso farci qualcosa". Ma cosa? e mi triabbacchio.

Stasera però ho avuto un'illuminazione e sono andata a rispescare nella mia libreria un volumetto che ho letto anni fa quando stavo col Muto (allora ovviamente non mi servì a niente, solo una stordita come me può pensare che sia utile affinare le tecniche di ascolto con uno che non parla mai...)

Ma il libricino in sé non ne aveva colpa, e forse 'sto giro mi potrà essere di qualche aiuto, quindi lo rileggerò. Hai visto mai.

Ecco di che si tratta:
Jim Dugger, Le tecniche di ascolto, Edizioni Franco Angeli, 1999.

Il titolo originale (molto americano e più significativo) era:

Listen up! Hear what's really being said.

Dette così non servono a molto, e non c'entrano con le mie discussioni di stasera, ma lascio qui come spunto e invito alla lettura le prime righe che mi sono capitate sotto riaprendolo.

Tre principi guida per ascoltare senza giudicare:

1) Rispondete al comportamento o all'idea, non all'interlocutore.
2) Rispondete al presente, non al passato.
3) Rispondete descrivendo, non valutando.

Sembra facile...

Graffi e soffi: Sergio Dolce, Gatto rosso, da http://www.segnalidivita.com/murales

17 maggio 2007

per grazia ricevuta

Qualcosa del genere passò in testa a mia madre il giorno in cui fui assunta, in cui tornai a casa e mi buttai sul letto. Mia madre chiamò commossa zia Vanda; anche con le orecchie nel cuscino sentivo il suo sollievo: "A tempo indeterminato, i contributi".
Uscì di pomeriggio che pioveva e le scarpe ancora non le si erano asciugate dalla spesa, andò dal gioielliere e comprò un ex-voto.
Non sapevo che mia madre avesse mai chiesto una grazia per me, di tante che avrebbe potuto, non quella. Non ho mai saputo in quale chiesa l'avesse lasciato e cosa rappresentasse: non glielo ho chiesto perché ero offesa.
Ma adesso ancora ritirandomi a casa entro nelle chiese, mi affaccio alle cappelle, frugo con gli occhi tra le teche e sulle statue. Santi di legno dipinto mi mostrano le braccia come appendini, tutta la speranza e la preghiera che hanno saputo accogliere, e io mi chiedo dove sia quella di mia madre, che forma avesse quella che lei pensava per me.
Una penna, una mano, una testa, un libro con tre lettere puntate nell'argento, p.G.R.: la mia condanna e la mia rassegnazione per Grazia Ricevuta.
Accendo una candela e getto un euro per me in una cassetta a caso.


Valeria Parrella, p.G.R., da Per grazia ricevuta, Minimum fax, 2005.
Maurilio Catalano, Cuore trafitto, acquaforte, da www.pungitopo.com