21 dicembre 2005

Midollo

Non ho parole...
Potrebbe essere il titolo di una nuova rubrica, anche se di parole in realtà spero che ne avremo sempre, e sempre di più, di fronte a cose come questa.

Venti secondi... dare ordini a un plotone... Non ho parole.



Questo inquietante pop-up dell'Esercito Italiano è oggetto anche di un corrispondente spot radiofonico che ho sentito un paio di giorni fa. Grande promozione insomma, del concorso per allievi marescialli e, subliminalmente, di una serie di valori e nel complesso di una visione del mondo che mi fanno desiderare di essere vulcaniana - come il Signor Spock di Star Trek, che la sapeva più lunga di tutti ma si prendeva sempre i suoi bei 20 secondi per riflettere prima di parlare (figuriamoci per dare ordini a un plotone...).

Detto questo, lasciamo da parte i commenti più profondi sul senso della vita, sul mondo, sul no alla promozione della guerra come metodo di risoluzione delle controversie e soprattutto come metodo per sbarcare il lunario, sul malinteso senso di cosa sia la responsabilità, la capacità di prendere delle decisioni, sul disgustoso machismo post-futurista della serie "mostrerò al mondo che sono un vero uomo se ho le palle per dare ordini, non c'è tempo per chiacchiere e piagnistei, non c'è posto per gli smidollati, ci vuole rapidità, freddezza, ringrazio l'esercito che mi ha insegnato cos'è la vita..."

Ripeto, lasciamo volutamente da parte queste considerazioni - che dai nostri marescialli baffuti, decisionisti e coi controcoglioni potrebbero anche essere bollate come moralistiche e non al passo con i tempi - davvero, lasciamo perdere, sarebbe troppo lungo. Un bel respiro e poi via, commenti a ruota libera, tipo come quando ti fanno vedere le macchie di colore per capire se hai le rotelle a posto e tu dici la prima cosa che ti viene in mente.

Così, di pancia, mi vengono su due ruttini:
1) Slogan a prova di uomo delle caverne, scritte tutte in maiuscolo, i colori della "nostra cara bandiera". Immediato, diretto, efficace, così deve essere un messaggio pubblicitario. Giustissimo. Una comunicazione semplice per menti semplici... La grafica di questo edificante promo assomiglia in modo imbarazzante all'immagine coordinata dei cartelloni elettorali di una grande partito, anzi, una grande Casa di partiti. Non ditemi che avete già indovinato... Ehi, siete gente sveglia, quasi quasi vi prendo nel mio plotone!
2) Se ci metti più di 20 secondi a scegliere un paio di jeans, di sicuro non puoi neanche fare la madre di due bambini in età pre-scolare, perché dopo solo 5 dei 20 secondi uno dei due sta ingerendo del pongo di vari colori per vedere se hanno un sapore diverso, e l'altro sta salendo in macchina con un signore elegante e brizzolato che gli ha gentilmente offerto un Chupa-Chups mentre tu perdi tempo a lumare i balocchi in vetrina. Concentrazione, sangue freddo, capacità di reazione immediata, strategie psicologiche ed elementi di pronto soccorso: metterei gli allievi marescialli a fare un mese di training in un asilo nido, tutti i giorni dalle 7.30 alle 16.30, pappa e nanna comprese, poi mi sanno dire.

Mi viene da pensare che i 20 secondi del test pubblicitario devono essere un valore-limite sperimentato dagli esperti su un campione di popolazione misto. Probabilmente se ci rimugini sopra più di 20 secondi il cervello entra in funzione, quel link non lo clicchi più e addio concorso da maresciallo, perché quasi certamente sceglierai di mostrare al mondo il tuo valore e la tua determinazione in un altro modo, invece che dare rapidi ordini al tuo plotone per prepararsi a un ipotetico attacco kamikaze, mentre l'uranio impoverito intanto ti sta avvelenando il sangue ed erode le tue carni dall'interno.
Se davvero hai midollo, cerca di conservartelo.

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da www.peacelink.it
sezione
Disarmo / Uranio impoverito / Testimonianze

40. Il numero dei morti ufficiali: la chiamano sindrone dei Balcani
E le stelle[tte] continuano a stare a guardare...
di Nadia Redoglia
9 novembre 2005

"... fate giustizia, fate che non si ammalino più, fate che non muoiano più. Lo Stato ci ha abbandonato. Ci ha ingannato... Ci ha fatto credere che fossimo al servizio dell'umanità, io ho sempre agito per questo, ignaro che per l'Esercito invece ero solo carne da macello..."Sono state le ultime parole del soldato Luca, prima di morire...


" Ero con il soldato Luca Sepe quando è morto, il 13 luglio 2004. [ventisettesima vittima dell'uranio impoverito] Il calvario di Luca è durato quattro anni. La sua colpa: essere stato in missione in Kossovo. Dopo di lui ne sono andati via altri tre. Ufficialmente risultano ammalati circa 300 soldati. Ne stanno già arrivando dall'Iraq. Ma sono dati sicuramente fasulli perché la realtà ne conta molti di più. Sono i soldati o i loro cari che non denunciano la malattia, forse sperando che lo Stato li aiuti "sistemando" poi le loro famiglie in qualche modo, o forse solo per la paura di appartenere a un mondo troppo piccolo di fronte al potere dell'Esercito, o forse per ignoranza, o forse perché si sentono troppo soli.... [Le ultime parole di Luca Sepe] sono state lucide e perentorie: "... fate giustizia, fate che non si ammalino più, fate che non muoiano più. Lo Stato ci ha abbandonato. Ci ha ingannato... Ci ha fatto credere che fossimo al servizio dell'umanità, io ho sempre agito per questo, ignaro che per l'Esercito invece ero solo carne da macello ...". Questo brano è tratto da un mio articolo pubblicato l'anno scorso ( E le stelle..tte stanno a guardare" Verde Ambiente n. 4/5 - 2004).

Oggi i morti ufficiali sono arrivati a 40. L'ultimo soldato si chiamava Fabio Senatore, nato il 23 settembre 1982. Morto il 7 novembre 2005, leucemia mieloide acuta. Il 13 novembre 2003 partì per la Bosnia. Il 15 maggio 2004 ritornò a casa. A ottobre gli diagnosticarono la terribile patologia. Da allora, come tutti i soldati contaminati (alcuni poco più che fanciulli), cominciò a credere di poter guarire comunque. Fabio sperava in un trapianto di midollo. Ieri mattina le sue speranze sono morte con lui. Abbiamo parlato con la sua fidanzata, Nicoletta. Era il suo punto di riferimento. E' lei che tiene i contatti con Domenico Leggiero, il responsabile dell'Osservatorio Militare che da anni assiste i militari e i loro familiari, nel tentativo disperato di aiutarli. Allo Stato sono serviti, ma quando si ammalano e poi muoiono, pare che diventino addirittura "ingombranti". E qui scatta l'azione del "recita bene la tua parte, in questo consiste l'onore" L'onore dell'Esercito si manifesta nelle esequie dei suoi figli(astri). Il funerale di Luca Sepe è stata testimonianza eloquente. Fu ripreso da Sky. Ricordo la profonda commozione dell'inviata (Francesca Cersosimo). Curò quel servizio in modo particolare. Ha vinto il Premio Ilaria Alpi 2005. Mi piace pensare che sia il grazie di Luca. Alle esequie i generali e i colonnelli sono circondati da una quantità pazzesca di altre stellette. Fagocitano la cerimonia, ignorando il sempre più frequente diniego dei familiari. Le stellette fanno leva sul loro insostenibile dolore. Ricevono le condoglianze dei parenti e degli amici. Invitano il sacerdote della famiglia a farsi da parte per lasciare spazio al loro protagonista cappellano militare. Si sistemano dunque nei primi banchi, allontanando chi già c'è. L'onore di Spoon River prima di tutti! La soldatessa con le stellette ha il compito di stare vicino a chi, apparentemente, soffre di più. Entra in scena il picchetto d'onore a fianco della bara. Il cappellano soldato parla di gloria, di patria, di onore, di spirito del dovere. Le stellette sono impettite. La tromba intona (invade) il silenzio. Se i pensieri dei giusti potessero urlare si sentirebbero alcune domande: "Dove eravate voi quando il soldato che c'e ora nella bara vi ha chiesto aiuto? Dove eravate voi, quando gli altri vi hanno chiesto aiuto? Dove siete voi, mentre altri uomini gravemente ammalati stanno morendo? Le stellette stanno sempre a guardare. Non abbassano lo sguardo. Quel drappo tricolore che avvolge la bara diventa a ogni morto che si aggiunge, sempre più pesante. Pesante come l'uranio impoverito o quelle polveri maledette trovate nei corpi e sui vestiti dei nostri "missionari di pace". Quelle polveri continuano ad essere sparse su tutti i teatri di guerra. Da qualche giorno sappiamo che a loro si è aggiunto l'MK77, altra "polvere" maledetta che scioglie le carni lasciando a nudo le ossa. Per il Potere le polveri della morte si trasformano in polvere d'oro. Oro giallo. Oro nero. Al funerale di Fabio si è dunque più o meno ripetuta la scena. Questa volta si è fatto anche un passo in più. Lo racconta Leggiero, già maresciallo elicotterista dell'Esercito." Ero in Chiesa, in un angolo, si è avvicinato a me il generale Marinelli (tre stelle) dello Stato Maggiore. Il suo tono non era gentile. Mi ha chiesto in quale "posizione" ero presente. Gli ho risposto in tono ironico che la mia "posizione" era identica alla sua: eretta, accanto alla bara... A quel punto sono intervenuti ufficiali e sottoposti e mi hanno ordinato di uscire per fare spazio ai commilitoni. Mi hanno affiancato e "accompagnato" fuori della Chiesa. Uno di questi si è preoccupato di fare scudo a una telecamera presente... -Incalzo- " ci sa spiegare chi, cosa, dà loro il diritto di procedere in questo modo? Sorride "...forse l'arroganza di chi ha la coscienza sporca..."
Lo strazio della madre (Fabio era orfano del padre), di suo fratello, di sua sorella, della sua Nicoletta e la sofferenza di tutti coloro che lo amavano, non si accontentano certamente di conoscere il "dove" e il "quando" riportati in un certificato di morte. Il dolore va oltre e continuerà a tormentare fino a che non si otterranno risposte ai loro "come" e ai loro "perché".
A tutti noi non è ancora concesso esprimervi il nostro "riposate in pace", perché voi "soldati di serie B" di quella pace e per quella pace, per ora, siete solo morti. Possiamo però tentare di esaudire il vostro ultimo desiderio: lavorare con impegno perché altri non si ammalino più.
Nadia Redoglia

Vedi anche:

Disarmo: Un'altra morte annunciata
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20 dicembre 2005

>Bontà sotto l'albero

In una nottata in cui l'adrenalina delle troppe cose da fare mi ha reso insonne, posto un articolo che dovrebbe renderci tutti insonni e iperattivi... Let's get involved...
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dal sito www.internazionale.it
Interblog - Occhi aperti sul mondo della rete
by Stefania

Bontà sotto l'albero
Forse per consigliare i consumatori su come spendere il proprio denaro in maniera responsabile (soprattutto in questo periodo), l'organizzazione umanitaria statunitense Global Exchange ha pubblicato un elenco delle 14 aziende più "cattive" del mondo.

Gli indicatori presi in considerazione dal rapporto sono il rispetto dei diritti dei lavoratori, dei diritti umani (compresa la salute dei cittadini) e dell'ambiente; la partecipazione ad attività di guerra per fini di lucro; lo sfruttamento di lavoro minorile. Secondo Global Exchange la globalizzazione economica e il boom delle multinazionali ha facilitato l'aumento di gravi abusi, a cui deve quindi corrispondere un maggior senso di responsabilità del consumatore. Per questo ha deciso di rendere pubblici i risultati della sua inchiesta.
http://www.globalexchange.org/getInvolved/corporateHRviolators.html

Ecco la lista dei ricercati:

Caterpillar
Chevron
Coca-Cola
Dow Chemical
DynCorp
Ford Motor Company
Kbr (Kellogg, Brown and Root)
Lockheed Martin
Monsanto
Nestle
Philip Morris
Pfizer
Suez-Lyonnaise des eaux
Wal-Mart

Alcune sono nomi noti, altre meno. Ma leggendo le motivazioni delle loro "nomination" si ricostruisce tristemente parte della storia degli ultimi dieci anni. Sul sito di Global Exchange, oltre alle ricostruzioni dei fatti, ci sono anche i link per raggiungere le organizzazioni già impegnate a denunciare abusi e violazioni. A noi!
www.globalexchange.org

16 Dec 2005 - posted by stefania
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15 dicembre 2005

>il TAV e il circo a tre piste

Posto questo capolavoro di editoriale di Pierluigi Sullo, che è uno dei miei giornalisti di riferimento. Oltre a parlare del TAV, riassume molte delle cose che penso sul concetto di legalità e sulla televisione italiana - e i suoi format, demenziali e diabolici insieme, con i quali ci manipolano le menti (considerate questo post come il "numero zero" della rubrica ORPO!, prossimamente su questo blog...).
A Sullo la parola, con rinnovata stima.

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dal sito www.carta.org
14 dicembre 2005

Circo a tre piste

Pierluigi Sullo

Forse i più giovani non lo ricordano, ma ci fu un periodo in cui, per attirare un pubblico già ipnotizzato dalla televisione, i circhi si inventarono la moltiplicazione delle piste in cui acrobati, domatori e clown si esibivano. Così, "circo a tre piste" è diventato proverbiale. L'espressione mi è tornata in mente martedì sera, quando, dopo una giornata a fabbricare pagine del settimanale, facevo un disperato zapping alla ricerca di qualcosa di sedativo che conciliasse il sonno. Ho trovato: "Otto e mezzo", la trasmissione di Giuliano Ferrara, che discuteva di Tav e di Val di Susa; "Ballarò", il talk show di Giovanni Floris su Rai3, che si occupava di Tav e di Val di Susa: poco dopo, "Porta a porta", officiato su Rai1 da Bruno Vespa, si è occupato di Tav e di Val di Susa.
Non che non ci fossero persone per bene, come ad esempio Giorgio Cremaschi, della Fiom, che sembrava appunto un domatore: siccome conosce bene Giuliano Ferrara, ex ultrà della curva stalinista torinese, lo teneva a bada agitando una sedia virtuale. C'era anche il povero Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana Bassa Val di Susa e vittima preferita dei media, che assisteva al dibattito surreale tra alcuni imbecilli, incompetenti e in malafede - venendone per fortuna tenuto ai margini - sorridendo dolente come un casertano ironico, quel che per l'appunto Ferrentino è. Anche Pecoraro Scanio e Ritanna Armeni, in confronto con Gasparri [da Ferrara], Vizzini e Violante [da Floris], Matteoli, Panebianco e, scusate la parola, Giovanardi, erano degli assoluti geni. Ma l'effetto minestrone era invincibile, come sempre.
Acrobati dei sondaggi, come Mannheimer [a cui l'illusionista Vespa deve aver sottratto la domanda chiave del sondaggio già pubblicato sul Corriere della Sera, quella in cui il 53 per cento degli italiani si dichiara d'accordo con i valsusini]; bestie feroci come Ferrara, che in perfetta malafede continuava a chiedere "ma insomma, chi è che decide, qui, e quando?", dopo aver scritto elegie quinquennali sul Cavaliere che finalmente avrebbe liberalizzato questo paese; clown come Giovanardi, che agitava il suo telefonino gridando "ma insomma, ce l'abbiamo tutti, questo, come possiamo essere contro il progresso?"; questa compagnia di giro produceva una marmellata di senso comune reazionario e disinformato.
Tanto che veniva da chiedersi: ma se lì ci fosse qualcuno dei professori, degli analisti, degli intellettuali seri in grado di enumerare cifre inequivocabili, citare studi e prospettare alternative ragionandoci su, costui non sembrerebbe necessariamente un idiota? Non è, ripeto, il caso di Cremaschi, Ferrentino, Pecoraro e Armeni, che anzi si battevano, è il caso di dire, come leoni. Ma onestamente si può dire che da queste cinque o sei ore complessive di dibattito televisivo i termini della questione siano balzati fuori luminosi e trasparenti? O non sarà rimasto, nella retina dello spettatore, il trapezista più acclamato del circo, tale Nimby, che, avendo un nome anglosassone, gode di un successo senza freni? Chiunque può citarlo, assaporare le parole "back yard", sentendosi per questo molto intelligente. E' un po' come il "fattore K" o un'altra "sindrome", quella di Stoccolma, che a suo tempo spiegarono, senza bisogno di discuterne, vicende fondamentali della vita italiana.
La vera sindrome è quella televisiva, credere che andarci significa contribuire a chiarire qualche cosa, e se potessimo permetterci un suggerimento, ad Antonio Ferrentino ad esempio, gli diremmo di evitare di diventare dipendente da questa droga pesante che nessuna legge Fini metterà fuorilegge. Fugga, finché è in tempo. Eviterà di fingere di discutere con Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera, il quale non ha evidentemente la minima idea di cose sia la Tav in Val di Susa, ma soprattutto, venendo presentato come uno studioso della politica, non ha il minimo sospetto che la "legalità" non è come il cane capace di stare ritto sulle zampe posteriori in una delle tre piste, ma l'effetto socialmente condiviso di successive "illegalità" del passato. Nemmeno in un incubo gli verrebbe in mente che, nell'epoca della catastrofe ambientale e sociale che il liberismo sta provocando, magari con i loro cortei e presidi, con la loro resistenza i valsusini stiano aiutando a nascere una nuova legalità, in cui è proibito fare le guerre, bruciare petrolio e bucare le montagne per fare soldi.

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14 dicembre 2005

Buona fortuna

Come tutte le mattine, da circa sei mesi, passo verso le 8.20 in un'intasata Via Carracci. Al semaforo mi aspetta Ada, un donna dalla pelle piuttosto scura a cui non saprei dare un'età. Porta i capelli, lunghi e neri con qualche filo grigio, sempre legati con la coda e ha addosso un giaccone sdrucito. "Vengo da Serbia, - mi ha detto qualche tempo fa - sto a Trebbo, nei container" e intanto faceva un gesto con la mano, come a voler indicare qualcosa di noto, che io avrei dovuto conoscere e invece non conosco.
Ada ha anche una figlia, non so se qui o in Serbia, e mi chiede aiuto per lei: "Deve rifare tetto sua casa!" Le mamme. Io al suo posto avrei chiesto per me stessa, lei ha bisogno di medicine, tossisce e non c'è da meravigliarsene, visto che lavora al freddo e tra i gas di scarico delle auto.
Man mano che l'inverno avanza, non riesco a far a meno di pensare ogni mattina se lei ci sarà, se il freddo sarà sopportabile, se la cattiveria della gente sarà sopportabile... Una volta le ho portato una sciarpa e dei guanti, ma il giorno dopo non li aveva lo stesso. "Li ho dati a altro, io ce l'ho a casa". Ce li ha a casa ma non li mette, guardo le sue dita livide di freddo e non capisco, ma non ho il coraggio di insistere. Evidentemente ha vicino qualcuno messo peggio di lei e di cui lei in qualche modo si occupa.

Non le ho ancora chiesto perché è qui, la guerra immagino, ma non so i particolari, come è arrivata, con chi vive, come ha trovato il lavoro che fa. Non tutti i giorni ci riusciamo a salutare, lascio ottusamente che il nostro rapporto sia regolato dai rossi e dai verdi del semaforo, e a pensarci mi sento un criceto grassottello e poco intelligente che corre corre corre dentro la sua ruotina inutile. Un giorno volevo fermarmi un minuto a parlare con Ada anche se era verde, allora freccia, accosto, clacson, insulti. Minchia. Buongiorno a te, mondo di merda!

Ada vende per strada le copie di Piazza Grande, il giornale dei senza dimora, che io compro sempre (mi pare un'idea bellissima e diversa dalle altre perché mette al centro più di ogni cosa la dignità delle persone), ma che poi raramente sfoglio, spesso rimane lì in macchina, abbandonato sul sedile di dietro, non faccio nemmeno lo sforzo di portarlo in casa...
E invece la settimana scorsa mi è stato utilissimo. Arrivo in sede di Amnesty e ci trovo dentro Caterina, una signora rumena piena di guai, rimasta senza casa e senza permesso di soggiorno per aver litigato con i datori di lavoro. Ho preso la copia del giornale dal sedile di dietro della macchina e grazie ai numeri utili dell'ultima pagina siamo riusciti a contattare gli avvocati di strada, che si sono presentati addirittura in tre per occuparsi di Caterina (ma questa è un'altra storia...)

Da quel giorno mi sono accorta che compro le copie del giornale con una diversa convizione, non come se facessi un favore a qualcuno, nessuno può vedere la differenza ma io la sento. Ada, forse, può vedere questa differenza, "C'è nuovo!" mi dice, porgendomi il numero appena uscito e rispondendo al sorriso dei miei occhi con un uguale sorriso dei suoi.
E' proprio vero, tendere un giornale è meglio che tendere una mano.
Ada ormai è come una amica, anche se per lei faccio ben poco. Ogni tanto mi dice "Io te voglio bene, tu per me come mia familja", magari lo dice a tutti ma mi colpisce lo stesso, perché di certo non sentirò mai queste parole dal tabaccaio color guano che mi vende i citypass, o dal portinaio impiccione e malevolo, né tantomeno dall'automobilista che mi scanchera dietro perché accosto... Ada è la mia coscienza, è la mia possibilità di criceto di ritornare un essere umano, Ada mi chiede come va, mi osserva, si preoccupa quando capisce che non sto bene, legge i miei occhi angosciati nel traffico della mattina e quasi è lei a incoraggiare me, il che mi fa vergognare di me stessa, della macchina calda, dei vestiti nuovi, della casa che mi aspetta e della faccia triste con cui, nonostante tutto questo, vado in giro.

Scatta il verde, chiudo il finestrino della mia gabbietta con le ruote e riparto, "Allora ciao Ada, buona giornata, stai bene..."
"Anche tu stai bene, te voglio bene, buona fortuna. Buona fortuna!"
Buona fortuna, mi dice.
Ripensandoci, ha ragione. Imbottigliata nel traffico del sottopassaggio di via Zanardi penso che di fortuna ne abbiamo davvero bisogno entrambe, anche solo per arrivare in fondo alla giornata, e che è solo fortuna se io sono dal lato riscaldato del tergicristallo.


Tendere un giornale è meglio che tendere una mano.
www.piazzagrande.it
Piazza Grande
Via Libia 69 - Bologna
tel. 051/342328
fax 051/3370669

13 dicembre 2005

>Sensi di colpa

Timidezza e mancanza di tempo mi fanno continuare a riportare testi altrui invece che scriverne. Considero comunque molto importante anche la rassegna stampa, soprattutto quando gli articoli sono ben fatti come questo, postato ieri da una blogger ufficiale del sito di Internazionale (anche se contravvengo a una fondamentale regola di Internet: non duplicare mai le cose sulla rete ma piuttosto linkare - io però temo la pigrizia e gli archivi e quindi spesso duplico...)
Invito però a guardare i suoi di link: al sito della Comunità di Sant'Egidio, per scrivere a un condannato a morte, e al sito di Tookie Williams, al quale da stamattina non potremo più scrivere...
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da www.internazionale.it
12 Dec 2005 - posted by stefania

Sensi di colpa

Secondo Amnesty international oltre il 90 per cento delle 3.797 esecuzioni accertate nel 2004 è compiuto in un numero ristretto di paesi: Cina, Iran, Iraq, Vietnam e Stati Uniti. Negli Stati Uniti la pena di morte è stata reintrodotta nel 1976, dopo un'interruzione di quattro anni in seguito a un decreto della corte suprema che l'aveva dichiarata incostituzionale, e recentemente è stata effettuata la millesima esecuzione. Questa notte, tranne colpi di scena dell'ultimo minuto, toccherà a Stanley "Tookie" Williams. Domenica migliaia di persone hanno manifestato a San Francisco chiedendo la sospensione dell'esecuzione. Ma la corte suprema della California ha già respinto ogni appello e resta solo la possibilità di una grazia concessa dal governatore Arnold Schwarzenegger, a cui si può scrivere un appello. Intanto sono cominciati il conto alla rovescia e il macabro rituale che precede l'esecuzione. L'iniezione letale è stata inserita nell'ordinamento statunitense solo nel 1974, fino ad allora il metodo più diffuso era quello della sedia elettrica. A molti è sembrato che rappresentasse un modo per umanizzare la pena e quindi una forma di civiltà. Ma poi hanno cambiato idea. Tra questi – racconta la rivista Mother Jones – c'è proprio il suo ideatore, Bill Wiseman. Circa trent'anni fa, da giovane deputato repubblicano dell'Oklahoma, aveva appoggiato la pena di morte. Poi, in preda agli scrupoli, aveva proposto di usare l'iniezione per rendere le esecuzioni meno cruente. Paradossalmente, la sua proposta ha avuto come effetto collaterale l'aumento delle esecuzioni stesse, visto che giudici e giurati si facevano meno scrupoli a condannare un uomo a una "dolce morte". Ma le invenzioni possono avere anche effetti positivi. Da allora grazie all'esame del Dna sono stati scoperti 122 casi di innocenti rinchiusi nel braccio della morte. E proprio grazie al timore di errori giudiziari il consenso verso la pena di morte sta calando anche negli Stati Uniti. Solo che per 1.002 persone è già troppo tardi.
Per scrivere a un condannato a morte
Il sito di Stanley "Tookie" Williams

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12 dicembre 2005

>Se sei in difficoltà

Proseguo anche oggi scegliendo di dare spazio alle parole di una donna. è un articolo bellissimo e molto vicino alla mia sensibilità di amnestiana. sarebbe da diffondere attaccandolo anche sui lampioni...
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dal sito www.carta.org
12 dicembre 2005

Se sei in difficoltà
Maria G. Di Rienzo*
* giornalista e saggista impegnata nel movimento delle donne e nella Rete Lilliput

Care donne e care uomini delle forze di polizia presenti in Val di Susa, probabilmente anche a voi, quando eravate piccoli e per un motivo qualsiasi sareste stati lontani da casa (una gita scolastica, un campeggio scout), la mamma disse, prima della partenza, qualcosa del genere: "Se sei in difficoltà, se hai paura, cerca una divisa". La divisa del poliziotto, del vigile, del finanziere, diventava in questo modo il simbolo del ristabilimento di un pacifico ordine comune, se e quando esso veniva violato. Puoi contare su tale patto, dicevano le madri, puoi affidarti a chi si è assunto tale compito in nome della comunità. Oggi non so quante lo dicano ancora: una madre mi ha confidato di recente che alla figlia minore non ha più dato tale consiglio da dopo i fatti di Genova 2001, che hanno distrutto la sua fiducia nelle forze dell'ordine.
Io lo ammetto senza problemi, non ho simpatia per la divisa in sé, neppure per quelle dei college inglesi o per gli abiti talari. Abituata come sono a dar riconoscimento alle differenze e a godere di esse, sono urtata da qualsiasi artificio tenda a rendere uomini e donne indistinguibili o spersonalizzati, inoltre la divisa mi rimanda immediatamente all'idea degli eserciti in marcia e della guerra, due cose che per le loro implicazioni e i loro risultati mi spezzano il cuore.
Ma rispetto le vostre persone, e il vostro lavoro, che in realtà sarebbe proprio quello che le madri spiegavano così bene: se sei in difficoltà, se hai paura, questi uomini e queste donne possono aiutarti.È per questo che vi chiedo: cos'è successo la notte del 6 dicembre scorso? Per quale motivo i lavoratori e le lavoratrici della polizia hanno bastonato i loro inermi datori di lavoro? Perché voi lo sapete bene quanto me: i cittadini e le cittadine a cui sono stati aperti gli zigomi a manganellate sono la ragion d'essere della vostra esistenza come poliziotti. Sono i portatori dei diritti umani e civili la cui violazione è vostro impegno impedire.
Lo Stato, di cui vi onorate di essere servitori, ha certamente delle strutture e delle persone che rivestono ruoli chiave, ma non sono queste ultime a "fare" lo Stato in sé. La Repubblica italiana che servite siamo noi: gli italiani e le italiane, legati e legate da un comune patto di civile convivenza, e le strutture e le persone in ruoli chiave hanno il vostro stesso dovere di servizio. E la Repubblica italiana siete anche voi, cittadine e cittadini, portatori e portatrici dei medesimi diritti e delle medesime responsabilità.Portate pazienza, se vi sembra un sermone esso sta per finire: è infine della responsabilità che volevo parlarvi. Ci sono momenti, nella vita di ogni persona, in cui l'ordine o il suggerimento di praticare un'ingiustizia o di infliggere violenza ad un altro essere umano sembrano irresistibili.
Se non lo faccio, è il ragionamento alimentato dalla paura, se la prenderanno con me; se non lo faccio ci sarà un'azione disciplinare, o perderò il posto, mi umilieranno, sarò solo. E per quanto la coscienza gridi che la violenza inflitta ferirà anche noi che la infliggiamo, dilaniando la nostra umanità, per quanto urli che nessun altro è responsabile per le nostre azioni se non noi stessi, noi le mettiamo un bavaglio.Ma la coscienza continua a parlare. E ciò che abbiamo fatto, che non volevamo fare, che sappiamo essere stato ingiusto e crudele, insinua le sue tracce di nausea e di avvilimento e di crescente durezza nelle nostre vite.
Perciò vi dico, anzi, vi prego: non rinunciate alla vostra umanità. Nessun ordine, se esso implica azioni come quelle compiute in Val di Susa, può avere giustificazioni plausibili. E se ad un ordine simile, in futuro, direte alto e forte il vostro no, non sarete soli.Noi, i semplici cittadini e le semplici cittadine della Repubblica italiana, democratica, nata dalla Resistenza, fondata sul lavoro, saremo al vostro fianco e vi sosterremo.Le vostre madri, simbolicamente, vi danno oggi questo consiglio: "Se tu, membro delle forze dell'ordine, sei in difficoltà, se hai paura, cerca i cittadini attorno a te, parla con loro. Non sono i tuoi nemici. Sono la famiglia più grande che hai".
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>Ieri in Val di Susa, nel 2001 a Napoli e a Genova

COMUNICATO STAMPA
07.12.05
IERI IN VAL DI SUSA, NEL 2001 A NAPOLI E A GENOVA


Purtroppo tutte le previsioni da noi ripetutamente fatte, a partire dal luglio del 2001, si stanno puntualmente avverando: la repressione violenta di ogni manifestazione, presidio, sciopero, non graditi.
Lo avevamo visto a Napoli e a Genova nel 2001, poi a Torino alla manifestazione dei migranti, poi a Milano dopo l'uccisione di Davide "Dax", poi a Melfi, a Roma, in numerose altre località ed occasioni. Ieri in Val diSusa. Le forze di polizia sono autorizzate, incitate, ad utilizzare come strumenti, le armi, i manganelli e non quelli del dialogo e della mediazione, anche di fronte a cittadini pacifici, siano essi uomini, donne, vecchi, bambini, cittadini italiani o stranieri, sindaci o parlamentari, operai, no-global, anti-TAV, migranti, chiunque esprima dissenso.
In Italia non è più permesso manifestare per le proprie idee, per la difesadei diritti, quali essi siano, senza correre il grave rischio di venir manganellati dalle polizie, quando va bene. In ogni occasione, da parte del ministro degli interni, del capo della polizia, vengono subito individuati elementi, anarchici, anarco-insurrezionalisti, black-bloc, per poter giustificare quella che in parole povere, ma facilmente comprensibili da tutti, si chiama REPRESSIONE, si chiama VIOLENZA indiscriminata ed ingiustificata ai danni di cittadini inermi ed inoffensivi, si chiama attacco alla libertà di espressione e di manifestazione del dissenso, alla libertà di sciopero.
Non c'erano presunti o veri terroristi in Val di Susa, non c'erano neppure aNapoli o a Genova. Ma il silenzio dei media, della maggior parte dei partiti, delle associazioni, dei sindacati, dei movimenti, ha permesso le violenze delle polizie ieri e le permette, le giustifica oggi.
Noi abbiamo ripetutamente ricordato che l'impunità, il silenzio, la promozione di alcuni dei responsabili delle mattanze della Scuola Diaz, delle piazze e strade di Genova, le torture alla Caserma Raniero di Napoli, a Bolzaneto a Genova, avrebbero autorizzato, consentito ulteriori repressioni. Il silenzio grave sui fatti e sui processi in corso a Genova e a Napoli, consente la continuazione e la moltiplicazione di una strategia chiara ed esplicita per chi la vuole leggere, quella di non permettere che nessuno interferisca col conducente, che sia il G8, il governo, le grandi opere, od altri.

Enrica Bartesaghi
Comitato verità e giustizia per Genova
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dal sito www.veritagiustizia.it