17 maggio 2007

per grazia ricevuta

Qualcosa del genere passò in testa a mia madre il giorno in cui fui assunta, in cui tornai a casa e mi buttai sul letto. Mia madre chiamò commossa zia Vanda; anche con le orecchie nel cuscino sentivo il suo sollievo: "A tempo indeterminato, i contributi".
Uscì di pomeriggio che pioveva e le scarpe ancora non le si erano asciugate dalla spesa, andò dal gioielliere e comprò un ex-voto.
Non sapevo che mia madre avesse mai chiesto una grazia per me, di tante che avrebbe potuto, non quella. Non ho mai saputo in quale chiesa l'avesse lasciato e cosa rappresentasse: non glielo ho chiesto perché ero offesa.
Ma adesso ancora ritirandomi a casa entro nelle chiese, mi affaccio alle cappelle, frugo con gli occhi tra le teche e sulle statue. Santi di legno dipinto mi mostrano le braccia come appendini, tutta la speranza e la preghiera che hanno saputo accogliere, e io mi chiedo dove sia quella di mia madre, che forma avesse quella che lei pensava per me.
Una penna, una mano, una testa, un libro con tre lettere puntate nell'argento, p.G.R.: la mia condanna e la mia rassegnazione per Grazia Ricevuta.
Accendo una candela e getto un euro per me in una cassetta a caso.


Valeria Parrella, p.G.R., da Per grazia ricevuta, Minimum fax, 2005.
Maurilio Catalano, Cuore trafitto, acquaforte, da www.pungitopo.com

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