30 marzo 2006

Razzismo e metafore


Leggo sui notiziari che hanno tirato i finocchi a Vladimir Luxuria. Tirare i finocchi ai finocchi... che ardito intreccio di figure retoriche... Non oso pensare su che china siamo avviati, con tutti gli stronzi che ci sono, per non parlare dei coglioni.
Presto, tutti a comprare dei Brontoli di gesso da tirare sui candidati nani per esprimere la contrarietà al loro programma...

18 marzo 2006

>With God On Our Side

















Oh my name it is nothin'
My age it means less
The country I come from
Is called the Midwest
I's taught and brought up there
The laws to abide
And that land that I live in
Has God on its side.

Oh the history books tell it
They tell it so well
The cavalries charged
The Indians fell
The cavalries charged
The Indians died
Oh the country was young
With God on its side.

Oh the Spanish-American
War had its day
And the Civil War too
Was soon laid away
And the names of the heroes
I's made to memorize
With guns in their hands
And God on their side.

Oh the First World War, boys
It closed out its fate
The reason for fighting
I never got straight
But I learned to accept it
Accept it with pride
For you don't count the dead
When God's on your side.

When the Second World War
Came to an end
We forgave the Germans
And we were friends
Though they murdered six million
In the ovens they fried
The Germans now too
Have God on their side.

I've learned to hate Russians
All through my whole life
If another war starts
It's them we must fight
To hate them and fear them
To run and to hide
And accept it all bravely
With God on my side.

But now we got weapons
Of the chemical dust
If fire them we're forced to
Then fire them we must
One push of the button
And a shot the world wide
And you never ask questions
When God's on your side.

In a many dark hour
I've been thinkin' about this
That Jesus Christ
Was betrayed by a kiss
But I can't think for you
You'll have to decide
Whether Judas Iscariot
Had God on his side.

So now as I'm leavin'
I'm weary as Hell
The confusion I'm feelin'
Ain't no tongue can tell
The words fill my head
And fall to the floor
If God's on our side
He'll stop the next war.


Bob Dylan, 1964

17 marzo 2006

Molestie morali

Ho ricomprato di recente un saggio che avevo letto anni fa e che poi era scomparso dallo scaffale per un classico prestito senza ritorno. Allora mi era piaciuto e credevo di averlo capito. Una lettura utile e interessante.

Qualche settimana fa ne ho visto in libreria una riedizione aggiornata e mi è venuta voglia di rileggerlo. L'ho ricomprato, pensando tra me e me "Certo che butto via i soldi... un libro già letto..." e invece mai ho speso così bene 12 euro.

Valeva davvero la pena di riprendere tra le mani questo volumetto, anche solo per rendermi conto che otto anni fa non avevo capito nulla. Il saggio della Hirigoyen spiega con una trattazione molto chiara il meccanismo della violenza psicologica, fornendo quindi la chiave per capire come disinnescarlo in un modo semplice e illuminante. Ma si sa, l'illuminazione arriva solo quando l'allievo è pronto a riceverla...

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Marie-France Hirigoyen
Molestie morali
La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro
Traduzione di Monica Guerra

È possibile distruggere qualcuno anche soltanto con le parole, gli sguardi, i sottintesi?

Può essere il coniuge che ci denigra in pubblico o si serve dei figli per ricattarci; può essere il capufficio che ci affida incarichi avvilenti e non ci fornisce dati che pure ci servirebbero; può essere il collega che ci manipola: in ogni caso stiamo subendo una molestia morale. Una violenza che non si manifesta sul piano fisico ma si esercita attraverso sottintesi, allusioni, sgarbi che si ripetono fino a diventare ossessivi.In questo libro, nutrito di molte testimonianze, Marie-France Hirigoyen descrive le molestie nell'ambito familiare e quelle sul posto di lavoro (il mobbing), analizza la personalità di aggressore e aggredito, fa il punto sulle possibili soluzioni legali e mediche, ipotizza nuove vie d'uscita. Il quadro che ne risulta è tanto dettagliato e allarmante quanto dipinto con passione: la passione di un'esperta che non esita a schierarsi con le vittime di quello che può essere considerato un vero e proprio assassinio psichico.
In appendice tre saggi scritti da Lella Menzio, fondatrice di Telefono Rosa; Harald Ege, il maggior esperto in Italia di mobbing; Pier Giuseppe Monateri, Marco Bona e Umberto Oliva, avvocati che si occupano principalmente di danno alla persona.


Marie-France Hirigoyen
Molestie morali
2005
ET Saggi EINAUDI
pp. XVIII-260
12 euro
ISBN 880617505X
http://www.einaudi.it/

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16 marzo 2006

>Silenzio dall'aula
















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da www.carta.org


Silenzio dall'aula
di Lorenzo Guadagnucci

15 marzo 2006
Un riconoscimento in aula non è una prova provata e tanto meno una sentenza di condanna, però fa una certa impressione leggere nei resoconti d'agenzia e su pochissimi quotidiani (delle tv nemmeno merita parlare) che una testimone tedesca ha riconosciuto in Francesco Gratteri, attuale questore di Bari, il dirigente in giacca e cravatta, ma anche casco e manganello, che dava ordini all'interno della scuola Diaz nella fatale notte del 21 luglio 2001.
Fa impressione per molti motivi. Il primo è che finora il dirigente aveva sostenuto di non avere avuto alcun ruolo nella nota perquisizione, pur essendo all'epoca il capo dello Sco, che per i non addetti ai lavori è il coordinamento delle squadre mobili di tutta Italia. Quella notte - secondo quanto riferito dallo stesso Gratteri ai pm durante l'inchiesta - il nostro questore si sarebbe limitato a stazionare nel cortile della scuola, guardandosi bene dall'impartire ordini a chicchessia. I magistrati non gli hanno creduto, ritenendo che il capo di tutte le squadre mobili d'Italia non poteva essere un mero spettatore passivo in un'operazione - clamorosa quanto delicata - condotta per l'appunto da agenti in servizio nelle squadre mobili di varie città italiane. La testimone tedesca ora pare smentire Gratteri anche sul piano dei fatti: ha riferito che dava ordini, che impose a lei e altri malcapitati, appena usciti dalla "tonnara", di presentare i documenti e tenere gli occhi bassi. Stando a questa testimonianza, Gratteri avrebbe mentito sul comportamento tenuto quella notte.
Un altro motivo di sconcerto, di fronte a queste notizie, è l'assoluta mancanza di reazioni, commenti, prese di posizione. Per questioni molto meno importanti - come un battibecco in tv, la dichiarazione di un "impresentabile" e cose del genere - le agenzie di stampa vomitano dichiarazioni, espressioni di sdegno, atti d'accusa, distinguo e precisazioni. In questo caso niente. Nessuno - fra i tanti politici collegati in tempo reale con le agenzie di stampa e pronti a diffondere note e interventi - che abbia pensato di sottolineare l'imbarazzante posizione del dottor Gratteri, acuita dalla nuova testimonianza.
Gratteri, va ricordato, è il dirigente di grado più alto fra i 29 imputati per i fatti della Diaz, e nei mesi scorsi è stato nominato questore in Puglia, pur dovendo comparire in aula per un processo riguardante fatti ormai accertati, cioè la "perquisizione" alla Diaz realizzata pestando a sangue decine di persone, per poi arrestarle sulla base di prove false. I fatti, com'è noto, sono questi e nemmeno gli imputati osano negarlo. Il dottor Gratteri, come i suoi 28 colleghi, si è finora distinto per avere disertato tutte le udienze tenute a Genova dal novembre scorso. Ha così evitato di ascoltare decine di testimoni mentre raccontavano con precisione e senza contraddizioni i fatti avvenuti la notte del 21 luglio. Dev'essere rimasto a Bari a gestire l'ordine pubblico, che è certo un impegno gravoso. Ma non sembra meno importante, per chi ricopre incarichi così alti ed è considerato uno dei maggiori dirigenti della polizia di stato, onorare le istituzioni presenziando alle udienze di un processo così importante. Non è questa, tuttavia, l'opinione di politici, osservatori, giornalisti, commentatori: sono rimasti tutti in rispettoso silenzio.
Un giorno, fra qualche mese, quando sarà chiamato in tribunale, sapremo dalla viva voce del dottor Gratteri, per un giorno distolto dalla cura dell'ordine pubblico nella città di Bari, la sua versione su quanto accaduto quella notte. Sapremo che cosa faceva un così alto dirigente nel cortile della scuola a perquisizione in corso, pur non avendo alcun ruolo operativo; sapremo che cosa risponderà ai pm che gli chiederanno conto dei pestaggi, degli arresti motivati col possesso di molotov portate nella scuola dalla stessa polizia, del riconocimento della testimone tedesca e di altre cosa ancora. Poi i giudici decideranno.
Ma è bene che sappiamo che la dignità della democrazia è già stata calpestata senza rimedio: in un paese "normale" dirigenti imputati per fatti così gravi (e così chiari) non sarebbero mai stati promossi, anzi si sarebbero dimessi, e avrebbero partecipato a tutte le udienze, per rispetto dei giudici, dello stato, delle proprie divise. Nello stesso paese normale il processo sarebbe seguito con apprensione e sete di giustizia da tutti i media e dall'opinione pubblica di ogni tendenza, e non - come ora avviene - da un paio di quotidiani nazionali (oltretutto considerati "estremisti", quindi stravaganti: il Manifesto e Liberazione) e dai giornali locali, come fosse una piccola vicenda di malavita genovese.Sappiamo e non da ora che il nostro non è un paese "normale": quel che sorprende è che il processo in corso a Genova, in quanto snobbato e vissuto come un piccolo inutile fastidio, rischia paradossalmente di allontanarci ancora dalla sponda delle democrazie compiute, nonostante la tenacia dei pm e la generosa perserveranza di tanti giovani testimoni, molti dei quali sono venuti dall'estero nonostante la comprensibile tentazione di mandare tutto al diavolo: l'Italia, le sue forze di polizia, la sua ipocrita classe politica. Un giorno, comunque vada, dovremo trovare il modo di ringraziarli.
Lorenzo Guadagnucci

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Comitato Verità e Giustizia per Genova
c/o Casa Pace e Nonviolenza, P. Palermo 10/B
16129 Genova (Italy)
info@veritagiustizia.it
www.veritagiustizia.it
Enrica Bartesaghi 335/5681314
Lorenzo Guadagnucci 380/3906573
Carlo Gubitosa 349/2258342

>La fila

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da www.carta.org

La fila
di Daniele Barbieri
Martedì 14 marzo, davanti alla posta di via Orsini, in pieno centro a Imola; non lontano da qui è nato Andrea Costa, "apostolo dei lavoratori". Resse sì ma risse no: alle 14,30 quando aprono gli sportelli, qui tutto (o quasi) fila liscio. Dunque, secondo il buon senso di chi si preoccupa solo dell'ordine pubblico è andata bene a Imola, come in altre città. Un buon risultato anche per alcune/i dei e delle migranti in fila, per due o tre giorni, che avranno - forse - uno dei 170 mila permessi di soggiorno previsti dal "decreto flussi 2006". In via Orsini la lista autogestita, cioè un foglietto improvvisato da chi temeva i furbetti dell'ultimora, elencava 137 nomi: "Rat" il primo, poi "Rus", "Ovidiu"… Troppe persone per pochi posti. Quelli in fila da giorni sono ben contenti in quest'occasione che ci siano due poliziotti: non saranno scavalcati.
"Che succede?" chiede alle 14 in via Orsini un tipo che deve fare un conto corrente postale. "Oggi è chiuso, aperto solo per chi deve regolarizzarsi, insomma per gli stranieri". Se esistesse l'Oscar del pregiudizio ignorante forse lo vincerebbe una giovane signora che commenta così: "Ecco, a noi italiani ci discriminano sempre". Fra gli italiani che arrivano e trovano gli sportelli chiusi, fra i curiosi, fra gli spaventati sempre-e-comunque, fra quelli "l'ho letto sul Carlino", poche e pochi sanno che il decreto flussi è un bidone. L'ennesimo. Secondo "la legge" chi chiede di entrare nei flussi dovrebbe essere fuori d'Italia e venir chiamato da un datore di lavoro. Come ben si vede ("si fa ma non si dice") nelle file ci sono i cosiddetti "clandestini" - una parola che le Nazioni unite invitano a non usare per i lavoratori migranti con documenti di soggiorno non in regola. Questi uomini e queste donne che è di moda etichettare clandestini in molti casi da anni lavorano in Italia, "in nero" e ora hanno trovato (per vie traverse e complesse, spesso con padroni e padroncini che anche su questa "chiamata" lucrano) l'occasione di mettersi in regola. Di tutto ciò al Comune di Imola (un centro-sinistra allargato) importa pochissimo. Si sono accorti di queste donne e di questi uomini solo dopo aver visto alcune persone native portare un po' di tè caldo e soprattutto dopo aver letto il 13 marzo questo appello.
"Le avete viste, li avete visti? Da ierimattina anche a Imola ci sono immigrate/i in fila alle poste... Ci resteranno oggi e stanotte con il freddo ma anche con la sensazione di essere umiliate/i inutilmente (c'erano cento modi più semplici di far arrivare le "richieste"...). Noi donne native e migranti dell'associazione Trama di terre non possiamo cambiare leggi idiote e razziste (neppure è facile far capire a certi partiti, ai sindacati, all'associazionismo che in queste ore dovrebbero essere lì, in quelle file...). Quel poco che noi donne di Trama di terre possiamo fare è questo: oggi pomeriggio e poi - speriamo più numerosi - stasera possiamo e vogliamo esser lì con loro a portare un tè caldo, un dolce e fare due chiacchiere insieme. Se qualcuna/o di voi può venire stasera con noi (anche per dividersi i vari uffici postali, con l'aiuto di mediatrici madre-lingua) l'appuntamento è alle 20 precise alla nostra sede cioè in via Aldrovandi 31".
Un appello semplice, concreto. Come è accaduto in altre città, in modo più o (spesso) meno organizzato, uomini e donne con carta d'identità italiana hanno risposto: una piccola Imola solidale si è vista nei principali uffici postali della città e della vallata dove sindacati e partiti brillavano per assenza (altrove è andata diversamente; a Bologna molti si sono mossi, Cgil e "Piazza grande" in testa). Altre donne e uomini definiti nativi non sanno di questi appelli ma spontaneamente spuntano - a Faenza come a Imola - per chiedere ad altri esseri umani in fila al freddo: "volete qualcosa di caldo? Noi possiamo cucinare un po' di pasta, va bene?". In via Orsini come in via Croce coperta nessuno domandava a qualcun altro di che colore aveva il passaporto ma solo se aveva freddo oppure "mi tieni un attimo il posto, così faccio la pipì?… grazie".
Già la pipì. Pisciare per strada, si sa è brutto. Sulle cacche dei cani a Milano si è giocata una campagna elettorale: da tempo siamo una società ossessionata dallo sporco che "si vede" e del tutto disinteressata dalle sporcizie invisibili (la chimica ma anche le fabbriche di armi, lo sfruttamento o le banche che si arricchiscono con il denaro sporco). Ma siccome il Comune di Imola - vi fosse sfuggito, stiamo parlando di un centrosinistra allargato - è esageratamente ossessionato dallo sporco che "si vede", questa faccenda che in via Orsini, dunque in pieno centro, qualcuna/o potesse pisciare per strada o negli attigui giardinetti deve aver provocato un serio soprassalto. Così sono comparsi quattro gabinetti mobili, la definizione esatta è "servizi integrati per l'ambiente" (la marca è Sebach ove possa interessare). Bene. Ma anche a Imola fa freddo. Nel centrosinistra allargato di Imola si sono preoccupati di coperte, sedie pieghevoli e termos come ha fatto l'associazione Trama di terre? Solo nella nottata del 13 marzo dal Comune di Imola viene allertata la "protezione civile". Un po' tardi. E poco. Forse a Imola il freddo, la dignità, la solidarietà non hanno la stessa importanza del pisciare fuori dagli spazi consentiti.

Daniele Barbieri

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Associazione Trama di Terre
Centro interculturale delle donne
Via Aldrovandi, 31 Imola

tel. e fax 0542/28705
info@tramaditerre.org
www.tramaditerre.org