02 febbraio 2007

L'esemplare

L'argomento principe dei partigiani della pena di morte è, lo sappiamo, l'esemplarità del castigo. Non si recidono teste soltanto per punire coloro che le portano, ma anche per intimidire, con un esempio terrificante, quelli che sarebbero tentati di imitarle. La società non si vendica, vuole solo prevenire. Brandisce una testa perché i candidati all'omicidio vi leggano il proprio futuro e indietreggino.


Questo argomento sarebbe decisivo se non si fosse costretti a constatare:
1. che neppure la società stessa crede all'esemplarità di cui parla;
2. che non è affatto dimostrato che la pena di morte abbia fatto indietreggiare un solo omicida deciso ad esserlo, mentre è evidente che essa ha esercitato un effetto fascinoso su migliaia di criminali;
3. che costituisce, per altri aspetti, un esempio ripugnante le cui conseguenze sono imprevedibili.

La società, in primo luogo, non crede a quel che dice. Se realmente vi credesse, esporrebbe le teste. Accorderebbe alle esecuzioni il beneficio del lancio pubblicitario che solitamente riserva ai prestiti nazionali o alle nuove marche di aperitivi. Sappiamo invece che le esecuzioni, in Francia, non avvengono più pubblicamente, ma si perpetrano nei cortili delle prigioni davanti a un ristretto numero di esperti.
[...]
Se infatti si vuole che la pena sia esemplare, non soltanto si devono moltiplicare le fotografie, ma bisogna anche collocare la ghigliottina su un palco in Place de la Concorde, alle due del pomeriggio, invitando l'intera popolazione e teletrasmettere la cerimonia per gli assenti. Bisogna far questo, oppure smettere di parlare di esemplarità.

Albert Camus, Réflexions sur la guillotine, 1957

1 commento:

Anonimo ha detto...

splendido. grazie come sempre.
dove sta l'inghippo?
ecco qua la petitio principii:
"Questo argomento sarebbe decisivo" etc.:
balle.
tortura e pena di morte NON sarebbero accettabili neanche se funzionassero.
non sono io a dirlo ma sottoscrivo in pieno: è ora che il movimento abolizionista si svegli e cominci ad attaccare senza conceder tregua, con l'arma della tautologia ("no perché no, e riga"), che consente di evitare secche dialettiche ed argomentazioni suscettibili di pervertimento alla causa forcaiola.