20 dicembre 2006

Uno, dieci, cento cremini

Io sono nato negli anni Sessanta. Pure Nicola è nato negli anni Sessanta.

E una sera che era alla fine del mese di marzo, in cima alla terrazza Nicola si mette a parlare proprio degli anni Sessanta. Mi dice che "io ero ragazzino nei favolosi anni Sessanta. Mio padre all'inizio dell'estate mi portava a comprare il gelato. Mi dava il cremino Algida. Appena comprato io lo scartavo e mica mi ricordavo se mi piaceva. Poi l'assaggiavo e era buono. Il cremino Algida lo puoi mozzicare o leccare e è buono lo stesso. Io pensavo che me ne volevo mangiare un altro appena finivo quello. Ma mio padre non me li comprava due cremini. E pure se me li comprava io pensavo che me ne mangiavo un altro ancora. E poi altri dieci, cinquanta... E io pensavo che un bambino è contento solo quando mangia centro cremini Algida. Mi guardavo il mio cremino mozzicato e mi sembrava un'offesa che ce ne avevo uno solo. Perché un cremino non è niente in confronto a cento cremini. Così dopo un mozzico mi veniva rabbia e lo buttavo nel secchio. E mio padre diceva "che schifo gli anni Sessanta. In tempo di guerra mangiavamo le cocce delle patate e invece adesso i ragazzini buttano i cremini Algida. Adesso per tutta l'estate non te ne compro più di gelati!" E io mi pensavo che mio padre mi dava solo un cremino in tutta l'estate... figuriamoci se me ne poteva comprare cento in un giorno solo. Così mi sforzavo di non pensare più che esisteva il cremino.

Intanto arrivava l'autunno e lui mi regalava un cartoccio di castagne, le callarroste. Io ne prendevo una e non mi ricordavo manco se mi piacevano. Poi l'assaggiavo e era buona. E non capivo come era possibile che di una cosa tanto buona m'ero scordato il sapore. Così sentivo che un cartoccio non mi poteva bastare. Ne volevo di più. Me ne sarei mangiati due cartocci, e poi tre, e poi dieci. E io pensavo che un bambino è contento solo quando mangia cento cartocci di callarroste, ma è sicuro che mio padre non me li comprava. Mi guardavo il cartoccio e mi sembrava un'offesa che ce ne avevo uno solo. Dopo la prima castagna buttavo tutto al secchio. E mio padre diceva "che schifo gli anni Sessanta. In tempo di guerra ci mangiavamo le castagne crude co' tutta la coccia, il riccio e pure l'albero e il contadino che zappa la terra... se ci avevamo fame! Adesso fino a Natale non te ne compro più!" E io mi pensavo che mio padre mi dava solo un cartoccio di castagne fino a Natale, figuriamoci se me ne poteva comprare cento in un giorno solo. E cercavo di scordarmi pure le callarroste. Poi arrivava il Natale... "

Ascanio Celestini, La pecora nera, Einaudi 2006.

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