13 dicembre 2006

Il cubo

"Lei ha una bella calligrafia, tenente. Ma sa che questi versi non sono suoi.", dissi restituendogli il quaderno.
Lo vidi tremare. Quel tipo aveva addosso abbastanza armi da ammazzarmi varie volte, e se non voleva sporcarsi l'uniforme poteva ordinare a qualcun altro di farlo. Tremando di rabbia si alzò in piedi, gettò per terra tutto ciò che c'era sulla scrivania e gridò:
"Nel cubo per tre settimane, ma prima passi dal pedicure, sovversivo di merda!"
Il pedicure era un civile, un latifondista a cui la riforma agraria aveva espropriato varie migliaia di ettari, che si vendicava partecipando come volontario agli interrogatori. La sua specialità era sollevare le unghie dei piedi, il che provocava terribili infezioni.

Conoscevo il cubo. I miei primi sei mesi di prigionia erano stati di isolamento totale nel cubo, un abitacolo sotterraneo che misurava un metro e cinquanta di lunghezza, e altrettanto di larghezza e di altezza. Un tempo, nel carcere di Temuco c'era una conceria e il cubo serviva a immagazzinare il grasso. Le pareti di cemento ne portavano ancora il fetore, ma nel giro di una settimana i propri escrementi si incaricavano di rendere il cubo un luogo molto intimo.
Soltanto mettendosi in diagonale era possibile allungare il corpo, ma le basse temperature del sud del Cile, l'acqua piovana e l'urina dei soldati spingevano ad abbracciarsi le gambe e a rimanere così, desiderando di essere sempre più piccolo fino a poter abitare una di quelle isole di merda che galleggiavano qua e là suggerendo vacanze da sogno. Tre settimane vi rimasi, raccontandomi film di Stanlio e Ollio, ricordando parola per parola romanzi di Salgari, Stevenson e London, giocando lunghe partite a scacchi e leccandomi le dita dei piedi per proteggerle dalle infezioni. Nel cubo giurai e spergiurai che non mi sarei mai dedicato alla critica letteraria.

Un giorno di giugno del 1976 finì il viaggio da nessuna parte. Grazie alle pratiche di Amnesty International uscii dal carcere, e, anche se rapato e con venti chili di meno mi riempii i polmoni dell'aria densa di una libertà limitata dalla paura di perderla nuovamente.
Molti dei compagni rimasti dentro furono assassinati dai militari. Per me è fonte di grande orgoglio sapere che non dimentico né perdono i loro carnefici.

Luis Sepulveda, La frontiera scomparsa, Guanda 1994.


articoli e commenti di Sepulveda sul suo blog:
http://www.lemondediplomatique.cl/-Luis-Sepulveda-.html
http://www.lemondediplomatique.cl/Los-micro-infartos-del-tirano.html

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Comunicato stampa 132-2006: 11/12/2006
Cile: commento di Amnesty International sulla morte di Augusto Pinochet

La morte di Augusto Pinochet, per una amara coincidenza avvenuta nella Giornata internazionale dei diritti umani, costituisce un potente monito sulla necessità di una giustizia rapida e incisiva nei casi che riguardano violazioni dei diritti umani. In tutta l'America Latina, decine e decine di ex militari, responsabili di decine di migliaia di casi di “sparizioni”, uccisioni e torture continuano a vivere in esilio e a godere di un'impunità totale. I governi devono comprendere che ritardare la giustizia può spesso significare negare la giustizia alle vittime.La morte di Pinochet non deve chiudere il capitolo più nero della storia cilena, contrassegnato da gravi violazioni dei diritti umani e dall'impunità.

Il governo deve assicurare che tutti i responsabili delle violazioni dei diritti umani commesse sotto il regime di Pinochet siano portati di fronte alla giustizia. Deve inoltre annullare la legge d'amnistia (Decreto legge 2191), emanata sotto il regime di Pinochet, che ha finora protetto i responsabili di violazioni dei diritti umani.

Ultimamente, Pinochet aveva riconosciuto la propria "responsabilità politica" per quello che è accaduto sotto il suo regime. Si tratta di un'ammissione vaga, che non ha peso legale e non ha particolari implicazioni per la ricerca di giustizia che è dovuta da oltre 30 anni alle vittime.


Ulteriori informazioni

Augusto Pinochet ha governato in Cile dal 1973 al 1990, dopo aver estromesso con un colpo di Stato il governo del presidente Salvador Allende.Sotto il suo regime sono stati denunciati migliaia di casi di violazioni dei diritti umani. Secondo il rapporto della Commissione Rettig (la Commissione per la verità e la riconciliazione), reso noto nel 1991, 3196 persone morirono a causa della violenza politica durante il suo regime. Di esse, 1185 rimangono tuttora "scomparse".
Lo Stadio nazionale e Villa Grimaldi, dove l'attuale presidente Michelle Bachelet e sua madre vennero detenute nel 1975, furono i centri di prigionia più usati dal regime di Pinochet. Villa Grimaldi è ora stata trasformata in un centro alla memoria. Dal 1988, Augusto Pinochet era stato accusato di numerosi casi di violazioni dei diritti umani ma i procedimenti si sono scontrati con ostacoli legali, soprattutto l'impunità di cui egli godeva come ex presidente e senatore e le sue condizioni di salute. I suoi avvocati hanno sempre sostenuto che non era in grado di prendere parte a un processo. Pinochet, era sotto accusa nel contesto di un'inchiesta di natura finanziaria (il caso Riggs) e di cinque inchieste riguardanti i diritti umani: il centro di detenzione di Villa Grimaldi, l'Operazione Colombo, l'Operazione Condor, la Carovana della morte e il caso Prats.

FINE DEL COMUNCATO Roma, 11 dicembre 2006

Sul web: http://news.amnesty.org/pages/Pinochet_timeline

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie, come sempre.

oggi non ho resistito: conservando rigorosamente il tuo anonimato ho girato a un po' di amici e amiche un paio delle tue mail, invitandol* a leggere questo blog.
non ne sarai contenta ma, perdonami, non mi pento.
be proud, be loud!

ah, in oggetto ho messo: "una persona che ha qualcosa da dire".

baciones!

Cat ha detto...

ihcnor, ichnor... >:-[

è bello avere un fan nel Walhalla, ma lo sai che io sono per il làze biòsas...

comunque be proud, be loud è un bello slogan, cominciamo a prepararci per il Bologna Pride 2007??
quando ci troviamo a fare i cartelloni di Papa Razzister col boa di struzzo? (non molto amnestyiano come approccio, pero' mi tenta... oppure potremmo vestirci da drag-candele, col costume bianco aderente di licra lucida, piume rosse in testa per fare la fiamma, un boa di paillettes per il filo spinato e DUE ZATTERONI D'ORO ai piedi con sulla zeppa scritto GAY RIGHTS ARE HUMAN RIGHTS!! cosi' non dovrebbe offendersi nessuno.. forse il presidente Pobbiati...
;-)

Anonimo ha detto...

SEI UN FOTTUTO GENIO.
dimmi tu, io son qua (e anche qui e quo).