14 dicembre 2005

Buona fortuna

Come tutte le mattine, da circa sei mesi, passo verso le 8.20 in un'intasata Via Carracci. Al semaforo mi aspetta Ada, un donna dalla pelle piuttosto scura a cui non saprei dare un'età. Porta i capelli, lunghi e neri con qualche filo grigio, sempre legati con la coda e ha addosso un giaccone sdrucito. "Vengo da Serbia, - mi ha detto qualche tempo fa - sto a Trebbo, nei container" e intanto faceva un gesto con la mano, come a voler indicare qualcosa di noto, che io avrei dovuto conoscere e invece non conosco.
Ada ha anche una figlia, non so se qui o in Serbia, e mi chiede aiuto per lei: "Deve rifare tetto sua casa!" Le mamme. Io al suo posto avrei chiesto per me stessa, lei ha bisogno di medicine, tossisce e non c'è da meravigliarsene, visto che lavora al freddo e tra i gas di scarico delle auto.
Man mano che l'inverno avanza, non riesco a far a meno di pensare ogni mattina se lei ci sarà, se il freddo sarà sopportabile, se la cattiveria della gente sarà sopportabile... Una volta le ho portato una sciarpa e dei guanti, ma il giorno dopo non li aveva lo stesso. "Li ho dati a altro, io ce l'ho a casa". Ce li ha a casa ma non li mette, guardo le sue dita livide di freddo e non capisco, ma non ho il coraggio di insistere. Evidentemente ha vicino qualcuno messo peggio di lei e di cui lei in qualche modo si occupa.

Non le ho ancora chiesto perché è qui, la guerra immagino, ma non so i particolari, come è arrivata, con chi vive, come ha trovato il lavoro che fa. Non tutti i giorni ci riusciamo a salutare, lascio ottusamente che il nostro rapporto sia regolato dai rossi e dai verdi del semaforo, e a pensarci mi sento un criceto grassottello e poco intelligente che corre corre corre dentro la sua ruotina inutile. Un giorno volevo fermarmi un minuto a parlare con Ada anche se era verde, allora freccia, accosto, clacson, insulti. Minchia. Buongiorno a te, mondo di merda!

Ada vende per strada le copie di Piazza Grande, il giornale dei senza dimora, che io compro sempre (mi pare un'idea bellissima e diversa dalle altre perché mette al centro più di ogni cosa la dignità delle persone), ma che poi raramente sfoglio, spesso rimane lì in macchina, abbandonato sul sedile di dietro, non faccio nemmeno lo sforzo di portarlo in casa...
E invece la settimana scorsa mi è stato utilissimo. Arrivo in sede di Amnesty e ci trovo dentro Caterina, una signora rumena piena di guai, rimasta senza casa e senza permesso di soggiorno per aver litigato con i datori di lavoro. Ho preso la copia del giornale dal sedile di dietro della macchina e grazie ai numeri utili dell'ultima pagina siamo riusciti a contattare gli avvocati di strada, che si sono presentati addirittura in tre per occuparsi di Caterina (ma questa è un'altra storia...)

Da quel giorno mi sono accorta che compro le copie del giornale con una diversa convizione, non come se facessi un favore a qualcuno, nessuno può vedere la differenza ma io la sento. Ada, forse, può vedere questa differenza, "C'è nuovo!" mi dice, porgendomi il numero appena uscito e rispondendo al sorriso dei miei occhi con un uguale sorriso dei suoi.
E' proprio vero, tendere un giornale è meglio che tendere una mano.
Ada ormai è come una amica, anche se per lei faccio ben poco. Ogni tanto mi dice "Io te voglio bene, tu per me come mia familja", magari lo dice a tutti ma mi colpisce lo stesso, perché di certo non sentirò mai queste parole dal tabaccaio color guano che mi vende i citypass, o dal portinaio impiccione e malevolo, né tantomeno dall'automobilista che mi scanchera dietro perché accosto... Ada è la mia coscienza, è la mia possibilità di criceto di ritornare un essere umano, Ada mi chiede come va, mi osserva, si preoccupa quando capisce che non sto bene, legge i miei occhi angosciati nel traffico della mattina e quasi è lei a incoraggiare me, il che mi fa vergognare di me stessa, della macchina calda, dei vestiti nuovi, della casa che mi aspetta e della faccia triste con cui, nonostante tutto questo, vado in giro.

Scatta il verde, chiudo il finestrino della mia gabbietta con le ruote e riparto, "Allora ciao Ada, buona giornata, stai bene..."
"Anche tu stai bene, te voglio bene, buona fortuna. Buona fortuna!"
Buona fortuna, mi dice.
Ripensandoci, ha ragione. Imbottigliata nel traffico del sottopassaggio di via Zanardi penso che di fortuna ne abbiamo davvero bisogno entrambe, anche solo per arrivare in fondo alla giornata, e che è solo fortuna se io sono dal lato riscaldato del tergicristallo.


Tendere un giornale è meglio che tendere una mano.
www.piazzagrande.it
Piazza Grande
Via Libia 69 - Bologna
tel. 051/342328
fax 051/3370669

3 commenti:

Matteo Bortolotti ha detto...

Grande Chiara! Ti linko appena arrivo a casa! Ti bacio...

Matteo Bortolotti ha detto...

Grande Chiara! Ti linko appena arrivo a casa! Ti bacio...

Anonimo ha detto...

Anche io compro piazzagrande, il più delle volte senza leggerlo. Mi scopro a divorare i loro sguardi, quelli di chi piazzagrande si ritrova a venderlo, in piazza ravegnana, quasi sempre. La stretta di mano, la voglia di parlare e forse di essere visti, notati, riconosciuti nella città dove vivono. in fondo anche loro sono bolognesi...
ciao chiarina, leggerti è un piacere...ti abbraccio
marta