06 marzo 2008

Priorità

Anche a Federico sarebbe piaciuto mettere su famiglia, ed era sicuro che un giorno lo avrebbe fatto, una volta vinto il concorso, una volta che fosse diventato avvocato. I bambini lo commuovevano più di ogni altra cosa, ma nessuno se ne accorgeva mai, perché in realtà davanti a loro Federico si paralizzava, come quel pomeriggio stava succedendo davanti a suo nipote Peppino. Aveva paura di toccarli, di giocarci, di prenderli in braccio, sicuro com’era che avrebbe detto e fatto la cosa sbagliata. Guardò Peppino che se ne stava seduti zitto zitto a colorare un libro, e pensò che avrebbe voluto dirgli che studiava così tanto anche per lui, per tutta la famiglia, perché suo nipote potesse avere degli occhiali sani e tutto quello che desiderava. Voleva dirgli che un giorno lui si sarebbe levato tutti gli schiaffi dalla faccia, e li avrebbe tolti a tutta la famiglia Sansone. (…) Voleva dire a Peppino, di cui era stato compare di battesimo, e a cui aveva regalato l’enciclopedia I Quindici, che doveva solo aspettare un poco, tenere duro, sopportare che lui studiasse ancora qualche anno e facesse pratica in uno studio e poi cominciasse a esercitare per conto suo, e tutto sarebbe cambiato, e anche Rosaria non sarebbe stata più esaurita chiusa in una stanza, e Titina e Salvatore non sarebbero stati così scombinati, e sua nonna Carmela non avrebbe più dovuto cucire e fare riparazioni di sartoria in casa per tutto il quartiere. Gli venne in mente che forse, perché tutto questo si realizzasse, sarebbero dovuti passare troppi anni, e Peppino nel frattempo sarebbe diventato un ragazzo grande, e di quella sua infanzia avrebbe ricordato solo gli occhiali rotti, la madre a letto, i fogli da colorare e i silenzi di suo zio. Allora chiuse il libro, prese nel cassetto un po’ di soldi che teneva da parte, nascosti in una scatolina in cui una volta c’era stata una bomboniera, e disse al nipote che sarebbero andati a fare una cosa che era contro la sua religione, e che rappresentava per lui lo spreco massimo: sarebbero andati a giocare a flipper al bar di Largo Donnaregina, e lo sguardo di felicità di Peppino, quando lasciò il pennarello e lo sollevò su di lui, per un momento mise in discussione l’ordine delle priorità nella vita di Federico.

Ivan Cotroneo, La kryptonite nella borsa, Bompiani 2007

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